Categoria: Curiosità

Saldi 2023: gli italiani riducono le prospettive di spesa

Secondo i risultati emersi dal terzo episodio dell’Holiday Shopping Outlook di Bain & Company Italia, realizzato in collaborazione con Toluna, rispetto al 2022 il 40% degli intervistati nel 2023 dichiara di avere speso o voler spendere meno per i saldi invernali. È una tendenza generalizzata per uomini e donne, con un budget di spesa medio previsto intorno a 120 euro, 123 euro per gli uomini e 115 per le donne, e un gap contenuto tra le diverse generazioni. Di fatto, durante i saldi invernali 2023 si riducono le prospettive di spesa dei consumatori italiani, soprattutto per i consumatori di fascia di reddito bassa.
“L’aumento del costo della vita è la principale criticità dietro questo trend in tutta Europa, con un tasso di preoccupazione particolarmente elevato per il nostro Paese”, spiega Andrea Petronio, Senior Partner e Responsabile della practice Retail di Bain & Company in Italia.

Vincono abbigliamento, alimentari e prodotti a uso personale


“Gli acquisti dei consumatori del nostro Paese, durante i saldi invernali, hanno guardato soprattutto a prodotti a uso personale (64%), indipendentemente dalle fasce d’età – continua Andrea Petronio -. L’abbigliamento riveste la ‘parte del leone’ tra i settori merceologici preferiti (87%), seguito dagli alimentari (34%). Tra le preferenze, l’abbigliamento è scelta comune tra tutte le generazioni. Spiccano poi giochi e videogiochi per la Generazione Z e i Millennials, mentre i prodotti per la cura della persona spopolano tra i Boomers. Per tutti l’online risulta spesso il canale elettivo”.
In termini di canali, l’e-commerce è utilizzato soprattutto per i settori dell’elettronica, e di giochi e videogiochi, mentre su abbigliamento e alimentari prevalgono i canali tradizionali.

Si punta all’essenziale: per molti niente regali o vacanze

“In Italia, quasi un consumatore su due, il 42% degli intervistati, dichiara avere disponibilità di spesa solo per i beni essenziali, ma non per quelli ‘non essenziali’, o per risparmiare: è la percentuale più elevata tra i principali Paesi europei”, aggiunge Petronio.
In questo contesto, il 13% degli italiani non è riuscito a pagare tutto il dovuto negli ultimi tre mesi, o è a rischio di non riuscirci. Il 43% degli italiani ha già ridotto la spesa e un altro 31% prevede di ridurla a breve. Con i risparmi concentrati soprattutto nei confronti di ristoranti, abbigliamento, regali, vacanze, e beauty.

Un italiano su quattro risparmia anche al supermercato


Chi ha già diminuito la propria spesa si è concentrato in larga misura sul consumo energetico e di acqua, e ha optato per spostamenti più economici, a piedi o in bicicletta, quando possibile. E un italiano su quattro ha deciso di rinunciare alla ristorazione, con la prospettiva di mangiare più spesso tra le mura domestiche. La ricerca evidenzia, inoltre, una marcata contrazione di spesa anche sui viaggi, grazie alla diminuzione del numero di vacanze, destinazioni locali e la ricerca di soluzioni meno costose. Uno su quattro risparmia anche sulla spesa al supermercato: dolci e snack sono le principali categorie acquistate sfruttando le promozioni e ricorrendo maggiormente ai discount.

Meglio la spesa online o al supermercato insieme a figli? 

L’esigenza principale dei genitori alle prese con i tanti impegni di tutti i giorni è quella di risparmiare il tempo speso per le incombenze domestiche. Lo confermano i risultati di una ricerca condotta da Everli, marketplace della spesa online, e GoStudent, la scuola di ripetizioni. L’indagine ha analizzato le abitudini di oltre 440 madri e padri italiani relative all’attività di fare la spesa, sia nei supermercati sia online. E secondo i risultati oltre 1 italiano su 2 ritiene che fare la spesa con i figli al seguito, specie se piccoli, sia un’esperienza stressante. Forse è questo uno dei motivi per cui oggi per un terzo delle famiglie la spesa online è divenuta un’abitudine consolidata.

Portare i figli al supermercato è stressante 

Per il 54% degli italiani infatti fare la spesa con i figli al seguito sia stressante, ma il 55% non pare avere alternative e li porta comunque con sé. Il 52% trova che la presenza dei bambini rallenti e sia fonte di distrazione, mentre per il 48% il problema principale è il fatto che i figli si annoiano e iniziano a fare capricci.
Forse è per questo che la spesa online continua a farsi largo tra le abitudini degli italiani. Dopo l’exploit iniziale registrato durante la pandemia, oggi sono oltre 1 su 3 le famiglie che hanno fatto dell’e-grocery un’abitudine consolidata. Il 6% degli italiani preferisce addirittura la spesa online all’esperienza di acquisto nei supermercati tradizionali, mentre il 5% effettua i propri acquisti su internet e di persona in egual misura

Giornalmente, a cadenza settimanale o in base alle esigenze?

Quasi 7 italiani su 10 hanno una propria routine, e fanno la spesa con una frequenza prestabilita. Per quasi 1 su 3 l’appuntamento col supermercato, fisico o virtuale, ricorre una volta alla settimana, mentre per il 21% addirittura bisettimanalmente. Il 32% delle famiglie italiane non ha, invece, un vero e proprio ‘rito della spesa’, ed effettua i propri acquisti quando necessario. Ma per 1 italiano su 2 la spesa è un’attività da svolgere in coppia. Infatti, il 48% delle madri e dei padri intervistati si occupa di questa mansione insieme al partner. Nei nuclei in cui, invece, è solo un membro a prendersi cura della spesa per tutta la famiglia, questo onere ricade principalmente sulle madri (47%). I padri che fanno la spesa da soli si attestano su un misero 5%.

I vantaggi della spesa online

Sul podio dei vantaggi della spesa online ci sono il risparmio di tempo (34%) e la comodità di avere tutto a portata di clic, senza dover uscire di casa (32%). Guadagnare tempo da poter dedicare ad altre attività si aggiudica, invece, la terza posizione, con il 26% delle preferenze. Ma anche non dover portare le borse (21%), evitare lo stress del supermercato (16%) e poter saltare la fila alla cassa (16%) sono alcuni degli altri aspetti che rendono la spesa online particolarmente vantaggiosa agli occhi degli italiani.

Il 40% degli italiani valuta le offerte ricevute via SMS o WhatsApp

Prudenza sì, ma non troppa. I nostri connazionali si dimostrano ben disposti nei confronti delle offerte commerciali che arrivano sui loro device attraverso messaggi SMS o WhatsApp. Come rileva un recente sondaggio condotto da Esendex su un campione di 501 individui di tutte le regioni italiane, le comunicazioni commerciali ricevute tramite i più diffusi canali di mobile messaging sono largamente apprezzate dal pubblico. E lo sono ancora di più quando viene annunciato l’inizio di una campagna promozionale, quando si viene avvisati della disponibilità di un prodotto cui si era interessati e in caso di sconti flash.

Il 53,1% del campione clicca sui link ricevuto 

In particolare, dal sondaggio emerge che il 43,9% del campione valuterebbe senza esitazione di acquistare un prodotto, di cui ha avuto informazione tramite SMS o WhatsApp, e il 39,9% probabilmente lo farebbe. Addirittura il 53,1% degli intervistati ha dichiarato di cliccare sui link ricevuti tramite questi canali se nel messaggio viene annunciato l’inizio di una promozione, il 45,7% se viene comunicato che è di nuovo disponibile un prodotto che si era cercato, il 41,7% nel caso di una promozione flash, il 39,3% quando si tratta di promemoria relativi a un carrello abbandonato su un sito di e-commerce o per notificare un prodotto che potrebbe interessare in base alle proprie preferenze e, infine, il 29,9% qualora si venga informati del lancio di un nuovo prodotto.

Il 63,7% ha già effettuato un acquisto di questo tipo

Addio alla diffidenza verso questo tipo di offerte commerciali. Tanto che alla domanda se si è mai acquistato un prodotto a seguito di una comunicazione ricevuta via SMS o WhatsApp, è solo il 17,2% a rispondere di non averlo mai fatto. Il 63,7% afferma invece di aver effettuato un acquisto di questo tipo nel corso dell’ultimo mese e tra questi più della metà addirittura nell’ultima settimana.
Commenta così i risultati Carmine Scandale, Head of Sales di Esendex Italia: “I risultati del nostro sondaggio non stupiscono se si pensa all’accelerazione del processo di digitalizzazione cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Lo smartphone, infatti, è nelle nostre mani per molto tempo nell’arco della giornata, quindi, siamo anche estremamente ricettivi nei confronti delle comunicazioni che riceviamo tramite mobile”. E ha concluso: “WhatsApp, che oramai fa parte della nostra quotidianità, e gli SMS, che sono oggi un canale poco affollato e garantiscono elevati tassi di lettura, rappresentano per le imprese due canali davvero efficaci e vantaggiosi per comunicare con la clientela”.

Qualità della vita: la provincia top è Bologna

È la quinta volta in 33 anni. Nel 2022 la provincia di Bologna si aggiudica il primo posto della classifica sulla qualità della vita stilata dal Sole 24 Ore. I 90 indicatori statistici alla base dell’indagine, di cui 40 aggiornati al 2022, presentano una serie di novità: due indicatori sull’inflazione, un pacchetto di indicatori su energia da fonti rinnovabili/riqualificazioni energetiche/consumi energetici, l’indice della partecipazione elettorale alle ultime elezioni politiche di settembre 2022, e nove indici sintetici che aggregano più parametri, come qualità della vita di giovani, bambini e anziani, qualità della vita delle donne, ecosistema urbano, indice della criminalità, indice di sportività, indice del clima, e iCityrank sulle città digitali.

Sul podio anche Bolzano e Firenze

Accanto a Bologna, seguita sul podio da Bolzano e Firenze, la classifica vede Parma al 9° posto e Reggio Emilia al 13°. Le province del Trentino Alto Adige restano salde nella top ten, con Bolzano al 2° e Trento al 5°. In Toscana sono tre le province presenti in cima alla classifica. Oltre a Firenze, le new entry Siena, al 4° posto (+11 posizioni), e Pisa (+12 posizioni) al 10°.
Tra le città metropolitane, Milano, che nel 2021 era in seconda posizione, resta nella top ten, ma scende all’8° posto, Roma scivola al 31° (-18 posizioni), Cagliari sale di due posizioni (18°), Genova è al 27° (perde una posizione), e Torino al 40° (-12 posizioni).
Sul fondo Napoli (98°, in discesa di otto posizioni) e Palermo (88°, +7 posizioni).

Pisa, Siena e Aosta le migliori per ambiente e servizi

Per quanto riguarda i sei ambiti in cui sono suddivisi i 90 indicatori, il podio per per ‘ricchezza e consumi’ spetta a Belluno, Bologna e Bolzano, per ‘affari e lavoro’ a Milano, Trieste e Roma, per ‘demografia salute e società’ a Bologna, Modena e Roma, per ‘ambiente e servizi’ a Pisa, Siena e Aosta, per ‘giustizia e sicurezza’ a Oristano, Pordenone e Sondrio, e per ‘cultura e tempo libero’ a Firenze, Trieste e Gorizia.

A Monza e Brianza meno gender gap

A offrire maggior benessere alle donne è la provincia di Monza e Brianza, seguita da Treviso e Cagliari. A dare slancio alla provincia lombarda sono soprattutto, riporta Adnkronos, i dati relativi all’inserimento delle donne nel mondo del lavoro. Monza e Brianza registra il gap occupazione di genere più basso in Italia (7,1% contro il 19,4% della media nazionale), uno dei tassi di occupazione femminile più alti del Paese (69%), e il record di giornate retribuite a dipendenti donne (il 75,3% del massimo teorico). Inoltre, è terza dietro a Cagliari e Trento per speranza di vita delle donne, con 86,1 anni, circa quattro anni in più rispetto a Siracusa, ultima in questo indicatore.

Influence marketing, i follower e la relazione con gli influencer

L’influence marketing è un comparto che in Italia vale ormai quasi 300 milioni di euro, in crescita dell’8% nel corso dell’ultimo anno. Proprio all’influence marketing a novembre è stata dedicata la prima edizione dell’Influence Day, l’evento ideato da Flu e patrocinato dal Comune di Milano, inserito all’interno del palinsesto di eventi della Milano Digital Week 2022. Per l’occasione BVA Doxa ha condotto e presentato la ricerca Follower e influencer: quale relazione possibile?, con l’obiettivo di indagare la relazione tra influencer e follower, e come i primi siano in grado di influenzare l’acquisto di prodotti presso la propria community.

Ogni utente segue in media 18 influencer

La ricerca ha coinvolto un campione di 1.000 individui, utenti di Instagram e follower di almeno un influencer o personaggio famoso. Ma cosa rende gli influencer efficaci in termini di persuasione all’acquisto? Cosa apprezza il consumatore, e quali sono le potenzialità e i rischi per le aziende?
Dalla ricerca emerge come ciascun utente segua in media 18 influencer, di cui due terzi sono italiani. Il 53% degli user di Instagram segue middleinfluencer, ovvero con un numero di follower tra i 500 mila e 1 milione di follower, il 15% i micro-influencer, con follower sotto la soglia di 500.000, e il 32% segue influencer con oltre 1 milione di follower.

Il target femminile apprezza l’engagement

Il 55% degli user considera importante che gli influencer coinvolgano i propri follower, e l’engagement è particolarmente apprezzato dal target femminile (58%) e dai follower dei micro-influencer (59%). L’83% dichiara poi che il post dell’influencer è il punto di partenza per un successivo acquisto, mentre quanto ai brand, i follower si aspettano che gli influencer siano trasparenti. Questo, in particolare, per il 40% degli utenti. Ma il dato più importante è che i follower, seppur consapevoli che si tratti di sponsorizzazioni, ne traggono ciò che di utile ne può derivare, per conoscere un nuovo prodotto o per approfondirne le caratteristiche.

Una sponsorizzazione “genuina”

Se il tutto è gestito con trasparenza, e con lo stile tipico dell’influencer, le sponsorizzazioni sono apprezzate dal 62% del campione. In termini di erosione di fiducia nei confronti del brand, il 40% afferma che non ci sono formati o modalità di sponsorizzazione che possono davvero intaccare l’opinione nei confronti del brand. Pertanto, il consiglio per le aziende è quello di sperimentare, lasciando agli influencer o creator la possibilità di impostare la sponsorizzazione nella maniera più genuina possibile. Solo così il loro effetto di ambassador vedrà il suo pieno potenziale.

Il carattere giusto per fare carriera? No a sfrontatezza ed egoismo

Un doppio studio condotto dall’Università della California a Berkeley ha sfatato il mito secondo il quale per fare carriera è necessaria una buona dose di egoismo e sfrontatezza, mostrando come un comportamento prevaricatore o intimidatorio finisca per nuocere agli avanzamenti di carriera. I partecipanti allo studio sono stati contattati una prima volta al momento del loro ingresso nel mondo del lavoro, occasione durante la quale sono stati sottoposti a un test di personalità. Le medesime persone sono poi state contattate 14 anni dopo, in modo da poter raccogliere informazioni sui loro avanzamenti di carriera e sulla posizione ricoperta in azienda. Il risultato? Le persone maggiormente aggressive e con tendenze manipolatorie a lungo termine sono risultate svantaggiate rispetto alle persone mosse da lealtà, cortesia e generosità.

La gentilezza permette di ottenere riconoscimenti più rapidamente 

Lo studio ha quindi messo in luce quali sono le caratteristiche caratteriali che risultano più efficaci per fare carriera. E i risultati sono confermati anche da Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati, società internazionale di head hunting. “Il nostro team di cacciatori di teste seleziona regolarmente figure manageriali per aziende dei settori più differenti, per poi seguirne gli avanzamenti all’interno delle aziende – spiega Adami – ed è un fatto che le persone maggiormente propense all’ascolto e alla costruzione di relazioni interpersonali stabili riescano a ottenere più agevolmente e rapidamente riconoscimenti in termini di sviluppo di carriera”.

Non basta saper prendere l’iniziativa

Per questo motivo, nella consapevolezza che la presenza di determinate attitudini e soft skill risultano premianti per le aziende che assumono nuovi talenti, “già nella fase di selezione di personale qualificato i nostri cacciatori di teste prestano particolare attenzione a questi aspetti, testando non solo le capacità di problem solving, non solo la motivazione e la capacità di prendere l’iniziativa, ma anche la disposizione verso i colleghi e la capacità di ascolto attivo”, sottolinea l’head hunter.

Il reddito è più alto per chi è emotivamente stabile

Ecco allora che avere una buona disposizione nei confronti dei propri colleghi, insieme a una buona dose di altruismo, aiuta sia nella ricerca di un nuovo e soddisfacente lavoro sia nella scalata al potere all’interno delle aziende. Va peraltro sottolineato che ulteriori studi hanno indicato altre caratteristiche cruciali per fare carriera. Una ricerca realizzata dall’Università del Colorado, in collaborazione con il National Institute on Aging e con la Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health, ha dimostrato, ad esempio, che la soddisfazione sul lavoro e il reddito sono maggiori nelle persone che si dimostrano coscienziose ed emotivamente stabili, coniugando quindi senso di responsabilità e controllo dello stress.

Trovare lavoro più in fretta con i consigli dell’head hunter

Trovare lavoro può sembrare spesso una “mission impossibile”, ma con i giusti strumenti e soprattutto con le indicazioni corrette può rivelarsi un’avventura positiva. Per riuscire a conquistare la candidatura ideale, però, è necessario affilare le armi a propria disposizione, come spiega Carola Adami fondatrice di Adami & Associati, società internazionale di head hunting. Se si fa fatica a trovare il posto di lavoro perfetto, e soprattutto se si ha la sensazione che il tempo passi senza successo, è importante non abbattersi. Le principali ragioni per cui non si ottengono le risposte desiderate si possono raggruppare in due macrofattori, come evidenzia l’esperta: “Da una parte ci sono tutti i fattori che dipendono dall’esterno, sui quali non è possibile intervenire; pensiamo per esempio ai momenti di recessione, oppure alle stagionalità dei diversi settori. Dall’altra parte ci sono invece i fattori endogeni, legati al candidato stesso, relativi alla sua esperienza professionale, alla sua personalità, e al suo modo di presentarsi; su questi è ovviamente possibile intervenire”. E’ chiaro quindi che il raggio d’azione dell’aspirante candidato si deve concentrare sulla propria persona e la propria presentazione.  

Lavorare su se stessi 

Quali sono dunque le mosse da mettere in pratica per aumentare le proprie chance di trovare l’occupazione dei sogni? L’esperta fornisce a tutti gli aspiranti candidati una serie di consigli pratici. Prima di rispondere a un annuncio di lavoro, assicurarsi sempre che quella possa essere la posizione giusta per le proprie competenze e i propri obiettivi: è sempre meglio effettuare poche candidature ben curate che perdere tempo a mandare 10 candidature al giorno. Aggiornare e migliorare il proprio curriculum vitae, ottimizzandolo in vista del ruolo per il quale si intende effettuare la prossima candidatura. Così facendo si avranno maggiori possibilità di passare la prima scrematura dei cv. Accompagnare sempre il cv con una lettera di presentazione scritta appositamente per quella candidatura, mostrando in queste poche righe qual è il valore aggiunto che si può apportare all’azienda. Quando possibile, allegare alla candidatura anche una lettera di referenze.

Il ruolo dell’immagine online

Anche la propria immagine online riveste un ruolo importante: meglio eliminare da Facebook eventuali contenuti che potrebbero allontanare un selezionatore, e completare invece il proprio profilo su LinkedIn. Sono infatti sempre di più i recruiter che, per avere maggiori informazioni su un candidato, effettuano delle ricerche online più o meno approfondite prima di decidere se convocarlo o meno a un colloquio di lavoro. Infine, è utile allenarsi in vista del colloquio, lavorando sulla propria presentazione, sulle risposte alle domande più frequenti e sull’esposizione dei propri punti di forza.Infine, è molto importante anche studiare l’azienda alla quale ci si propone: sapere qualcosa in più sul potenziale datore di lavoro permetterà di affrontare il processo di selezione in modo più efficace.

Pronti per il Black Friday? Le dritte per fare ottimi affari

Il Black Friday, che come da tradizione si terrà l’ultimo venerdi di novembre – quest’anno cade il 25 – è ormai alle porte e gli shopping addicted italiani stanno aspettando con ansia quella data, in cui è possibile fare ottimi affari e accaparrarsi occasioni d’oro di ogni tipo, in particolare in ambito tecnologico. Alla giornata più “scontata” dell’anno partecipano negozi fisici, in particolare quelli delle grandi catene come Media World, tutti i big dell’ecommerce sul web e naturalmente i marchi presenti sia con i propri store sia con i loro portali che effettuano vendita on line. Insomma, il carrello è pronto per essere riempito: ma come fare per non lasciarsi sfuggire gli oggetti del desiderio? Gli esperti del settore hanno stilato una sorta di “prontuario” da seguire, in modo da arrivare preparati al Black Friday. Ecco le principali indicazioni.

Nelle settimane e nei giorni precedenti, tenersi aggiornati

Non perdere nessuna opportunità irripetibile richiede un po’ di abilità e pianificazione. Secondo gli addetti ai lavori, il primo consiglio utile è quello di iscriversi alla newsletter dei negozi e dei marchi che interessano maggiormente: si tratta di un’ottima opportunità per tenere monitorate tutte le promozioni. Tra l’altro, qui si possono scoprire in anteprima gli sconti che saranno disponibili durante il Black Friday. L’iscrizione è di norma semplicissima e veloce, basta collegarsi al sito del brand o della catena prescelta e seguire la procedura: di norma, è sufficiente inserire solo un indirizzo mail.

Il tempo è tutto: come giocare d’anticipo

Alcune delle migliori offerte del Black Friday si trovano solitamente online, dove le scorte di magazzino sono maggiori ed è perciò più difficile  che si esauriscano rapidamente. Per questo, è consigliabile registrarsi con un certo anticipo agli shop online, in modo da non doverlo fare quando si è in fase di acquisto. È infatti fondamentale evitare qualsiasi procedura che potrebbe far perdere tempo prezioso quando si deve fare in fretta per aggiudicarsi un’ottima occasione. È utile anche stilare una lista di tutto ciò che si desidera acquistare durante il Black Friday: questa contrasta la voglia di comprare compulsivamente e consente invece di mettere a fuoco le priorità. Ancora, bisognerebbe essere pronti con un piano B, ovvero una lista alternativa nel caso in cui i prodotti prescelti non fossero più disponibili. Il tempo è un fattore importante pure per quanto riguarda l’orario dello shopping: anche se il Black Friday non dura più solo una giornata, è altrettanto vero che gli affari migliori si fanno appena scocca l’ora degli sconti.

Salute mentale, per gli italiani “vale” come quella fisica

Per la prima volta, il tema della salute mentale diventa la seconda preoccupazione relativa alla salute, addirittura prima del cancro e subito dopo il Covid-19. Lo rileva l’indagine annuale di Ipsos, condotta in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale 2022, che ha esplorato le opinioni dei cittadini riguardo questa problematica così attuale. Gli argomenti trattati comprendono il rapporto con il benessere mentale e fisico, il modo in cui si parla dei problemi di salute mentale e le percezioni in merito all’importanza attribuita dal sistema sanitario del proprio Paese. Le percentuali espresse dagli intervistati – di 34 paesi – sono molto chiare: il 36% ritiene che il problema di salute più serio e attuale è quello della salute mentale, in aumento di 5 punti rispetto al 2021 (31%), superando per la prima volta il cancro (34%) e diventando il secondo problema di salute percepito a livello internazionale, subito dopo il Covid-19 (47%).

Italiani sensibili alla tematica

Il 55% degli italiani dichiara di pensare spesso al proprio benessere mentale, in aumento di 4 punti rispetto al 2021 e leggermente sotto la media internazionale pari al 58%. Guardando, invece, al benessere fisico si registrano percentuali più alte: il 77% degli italiani afferma di pensarci spesso, in aumento di 5 punti rispetto allo scorso anno e sopra la media internazionale pari al 70%. In generale, i dati mostrano come si tenda a pensare al proprio benessere fisico più frequentemente rispetto al benessere mentale, tuttavia, si registrano alcune differenze di genere e generazionali: le donne tendono a pensare alla propria salute mentale più degli uomini (62% delle donne vs. 53% degli uomini); allo stesso modo, pensare al proprio benessere mentale è presente maggiormente tra gli under 35 (65%) rispetto agli over50 (48%).

La valutazione sul sistema sanitario nazionale

L’opinione pubblica italiana sostiene che il benessere mentale e fisico siano ugualmente importanti, ma il sistema sanitario riflette questa visione e fornisce un egual trattamento? Secondo gli italiani, no: il 40% ritiene che salute mentale e fisica siano trattate allo stesso modo. Il 9% ritiene che alla salute mentale sia data priorità, mentre il 41% sostiene che il sistema sanitario si concentri maggiormente sulla salute fisica. Le medesime percezioni si estendono anche al resto dei Paesi esaminati nel sondaggio d’opinione Ipsos, infatti, a livello internazionale un terzo (33%) ritiene che salute mentale fisica siano tratte allo stesso modo. Questi dati indicano una discrepanza quando si tratta di come il pubblico percepisce la propria salute e di come viene trattata dal sistema sanitario del proprio Paese: a livello internazionale, soltanto il 7% degli intervistati afferma che la propria salute fisica sia più importante di quella mentale, ma il 41% pensa che sia trattata con maggiore importanza.

Bullismo, quanti sono gli studenti italiani coinvolti nel fenomeno?

Tanti, sicuramente troppi: sono i ragazzi dagli 11 ai 19 anni che hanno provato sulla propria pelle, e sulla propria psiche, gli effetti durissimi del bullismo. Un fenomeno che non si è esaurito dopo i due anni di pandemia, anzi: a scattare la fotografia di questa autentica minaccia per i giovanissimi è l’Osservatorio “Bullismo e Cyberbullismo”, condotto da Skuola.net in collaborazione con Citroën Italia, intervistando 3.000 ragazze e ragazzi tra gli 11 e i 19 anni nell’ambito del progetto “RispettAMI”. 

Oltre il 20% dei ragazzi ne è stato vittima

Obiettivo della ricerca è proprio quello di tracciare un bilancio del fenomeno al termine del primo anno di ritorno sistematico alla presenza in classe, essendo proprio la scuola l’ambiente dove è più frequente che abbiano origine il bullismo e il cyberbullismo. Purtroppo, anche solo considerando un periodo relativamente breve come l’ultimo trimestre di lezioni, il 13% degli adolescenti intervistati ha “denunciato” di essere stato vittima di episodi occasionali, mentre per il 7% si è trattato di vessazioni sistematiche. L’analisi identifica anche le tre macro-aree in cui si concentrano i comportamenti peggiori e più frequenti: l’aspetto, l’identità sessuale, l’etnia o l’origine. Il cosiddetto “body shaming” – che punta a sottolineare, a scopo denigratorio, i difetti fisici o, peggio ancora, eventuali disabilità – è in assoluto la più sfruttata dai bulli. Al secondo posto di questa poco onorevole classifica troviamo, poi, l’orientamento sessuale. In terza posizione, i pregiudizi di natura razzista. 

I più piccoli i più vessati, anche sul web

Non solo. Il bullismo, per alcune “categorie” di Zedders, diventa ancora più pressante e presente nella quotidianità. Dal punto di vista anagrafico, a finire nel mirino dei bulli sono in particolare preadolescenti e giovani adolescenti: nella fascia d’età 11-16 anni, mediamente il 22% del campione ne è stato vittima negli ultimi mesi; dopodiché, man mano che si cresce, per fortuna i numeri iniziano a scendere. Ma, a volte, è il “genere” che può fare grande differenza, nel bene e nel male. Le femmine, ad esempio, sono molto più esposte al “body shaming” rispetto ai maschi: circa 1 ragazza su 3 è stata recentemente colpita da questo tipo di attacchi, mentre tra i ragazzi la frequenza scende a 1 su 6. Tra le nuove frontiere del bullismo, c’è quella in ambito digitale. Una delle nuove forme di vessazione è il cosiddetto “orbiting”, ovvero la pratica che vede una sorta di controllo esterno sui propri canali social da parte di un ex partner – senza alcuna comunicazione diretta ma limitandosi a commentare o lasciare reactions – dopo la conclusione della relazione sentimentale: pur essendo un comportamento codificato solo di recente, ne è già stata vittima il 35% dei giovani coinvolti nella ricerca. Provocando conseguenze da tenere sotto osservazione, in particolare turbamento (in quasi 3 casi su 10), rabbia (per 1 su 4) e tristezza (per 1 su 5).