Autore: Martina Pellegrini

Conversational Marketing: dalle conversioni alle convers-azioni

Sebbene le conversioni rimangano per le aziende un obiettivo imprescindibile, l’attenzione si sta sempre più spostando su tutto ciò che riguarda la Customer Experience, ovvero le esperienze che i clienti vivono quando entrano in contatto con le aziende.
Il Conversational Marketing ruota infatti intorno all’idea di mettere al centro delle aziende i clienti, con l’obiettivo di comprenderne le esigenze e dialogare in modo efficace con loro. Una tendenza che sta prendendo sempre più piede anche tra le aziende italiane.

Puntare sul mobile messaging

Secondo un sondaggio svolto da Esendex, i contatti con le aziende oggi sono piuttosto frequenti. Infatti, il 41% degli intervistati dichiara di aver contattato un’azienda negli ultimi tre giorni, mentre la percentuale sale addirittura al 63% se ci si riferisce all’ultima settimana. Di fatto, la Customer Experience influisce in modo determinante sulla soddisfazione e fidelizzazione dei clienti. Per adottare strategie efficaci di marketing conversazionale, che consentano di instaurare e mantenere una buona relazione con i clienti in tutte le fasi del processo d’acquisto, diventa quindi fondamentale puntare sul mobile messaging.

Gestire le conversazioni multicanale

I contatti con le aziende avvengono per i motivi più disparati, dalla richiesta di informazioni su prodotti o servizi, a quelle su ordini o spedizioni, dai dettagli relativi ai pagamenti alle richieste di indirizzi di punti vendita e molto altro ancora. Tutto questo genera spesso conversazioni multicanale, importanti da gestire sempre al meglio per essere certi di instaurare e mantenere una buona relazione con il cliente.
“Data ormai per acquisita l’importanza centrale dello smartphone nelle nostre comunicazioni quotidiane – commenta Carmine Scandale, Head of Sales di Esendex Italia -, è evidente come sia oggi cruciale per le aziende avvalersi del Marketing Conversazionale e definire corrette strategie di mobile messaging”.

Offrire ai clienti diverse possibilità di contatto

“Per soddisfare le esigenze più diverse è poi essenziale poter far leva sulla multicanalità, offrendo, quindi, ai clienti diverse possibilità di contatto, come ad esempio WhatsApp, SMS e ChatBot – aggiunge Carmine Scandale – : se si desidera creare una comunicazione veloce, asincrona e personale tra azienda e cliente, però, occorre fare un ulteriore passo avanti e passare alle convers-action, mettendo, quindi, in atto vere e proprie azioni di conversazione, che siano in grado di fare la differenza”.

Gli italiani promuovono i farmacisti

Quasi otto italiani su dieci (77%) hanno fiducia nel farmacista e lo considerano un professionista competente e accessibile al quale rivolgersi per la gestione della propria salute. Al contempo, i farmacisti sono consapevoli (86%) dell’evoluzione del proprio ruolo, e della fiducia che ispirano alla maggioranza dei cittadini, sebbene non manchi qualche criticità. È quanto emerge dall’indagine Ipsos, condotta per la Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI), sull’evoluzione del ruolo del farmacista e della farmacia, come erogatore di servizi per la popolazione di fronte al nuovo scenario post pandemico.

Una figura di riferimento per il cittadino

Il farmacista si considera ed è una figura di riferimento per il cittadino e la farmacia è diventata un presidio di assistenza sanitaria sul territorio, offrendo anche innumerevoli servizi che vanno al di là della semplice dispensazione di farmaci e prodotti per il benessere e la salute. Questa evoluzione rappresenta, per la maggior parte dei farmacisti, una valorizzazione del proprio ruolo, ma non è priva di difficoltà, prima fra tutte l’eccessiva burocrazia. Lo studio Ipsos registra infatti alcune criticità o sfide che oggi il farmacista deve affrontare, anche alla luce del ruolo sempre più strategico che gli viene riconosciuto all’interno del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

I servizi più richiesti

Secondo la ricerca il 93% degli italiani ha una farmacia di riferimento, scelta motivata da alcuni aspetti principali: la fiducia (37%), la conoscenza del professionista (28%), la vicinanza (57%) e la soddisfazione per il servizio offerto (42%). A ‘legare’ i cittadini al farmacista sono, inoltre, le conoscenze in campo farmaceutico, la competenza nel consigliare la soluzione più appropriata alle proprie esigenze di cura e la qualità dell’assistenza, garantita dalla disponibilità e dalla continuità del servizio. La conferma dell’evoluzione del ruolo del farmacista oggi arriva però anche dai desideri degli italiani rispetto ai servizi che vorrebbero fossero erogati o potenziati nella rete delle farmacie territoriali. In particolare, prenotazione di visite specialistiche ed esami (26%), servizi infermieristici in farmacia (19%) e a domicilio (17%), vaccinazione e analisi di primo livello, come la misurazione di pressione e colesterolo (18%).

Un luogo dedicato alla prevenzione e alla presa in carico

Secondo gli italiani, dunque, la farmacia del futuro dovrà essere sempre più un luogo dedicato alla prevenzione e alla presa in carico, oltre alla tradizionale attività di dispensazione del farmaco.
Un’aspettativa che si sposa perfettamente con il modello della Farmacia dei Servizi la cui piena realizzazione, (anche attraverso il potenziamento della telemedicina e del deblistering dei farmaci, indicati dai farmacisti come due servizi chiave per migliorare l’assistenza sul territorio), consentirà di andare incontro ai bisogni dei cittadini e alle esigenze di efficientamento del SSN.
Sul fronte della prevenzione, l’80% degli italiani si dichiara favorevole a farsi vaccinare dal farmacista e valuta positivamente la possibilità che la farmacia diventi un ‘hub vaccinale’ in cui effettuare anche i richiami dei vaccini obbligatori.

Mega, grandi, medie… quali sono le migliori università italiane?

Il Censis ha pubblicato la nuova classifica annuale delle università italiane, suddivise in atenei statali e non statali, basata su strutture disponibili, servizi erogati, borse di studio, livello di internazionalizzazione, comunicazione e occupabilità. Sono disponibili anche le classifiche specifiche per lauree triennali, corsi a ciclo unico e lauree magistrali, in base alla progressione di carriera degli studenti e ai rapporti internazionali. Complessivamente, sono state valutate 70 graduatorie, considerando 948 variabili.

Più studenti, ma anche più abbandoni 

Il primo dato che salta all’occhio è l’aumento delle immatricolazioni, con un incremento del 2,2%. Dopo la diminuzione registrata l’anno scorso (-1,4%), che ha interrotto un trend positivo di sette anni, i dati provvisori per l’anno accademico 2022-2023 mostrano un aumento delle immatricolazioni di 7.152 nuovi iscritti. Tuttavia, non tutti gli atenei hanno beneficiato in egual misura di questo aumento. Gli atenei del Centro Italia registrano un aumento del 9,3%, seguiti dalle regioni del Nord-Ovest (+1,6%). Il Nord-Est ha un segno negativo (-2,0%), mentre il Sud è stabile (-0,2%). Ad eccezione dei corsi nell’area artistica, letteraria ed educativa, che hanno visto un leggero calo del 0,1%, tutte le altre aree hanno registrato un aumento delle immatricolazioni: +4,5% nell’area economica, giuridica e sociale, +2,2% nell’area sanitaria e agro-veterinaria, +1,1% nelle discipline STEM. Tuttavia, sono anche aumentati gli abbandoni dello studio. Nel 2021-2022, il 7,3% degli immatricolati ha abbandonato gli studi entro il primo anno, rispetto al 7,1% dell’anno precedente e al 6,1% dell’anno accademico 2019-2020. Questa decisione ha coinvolto sia maschi (7,4%) che femmine (7,2%) in modo pressoché equivalente.

Bologna al top fra i mega atenei, Pavia fra i grandi

Nei mega atenei statali (con oltre 40.000 iscritti), le prime tre posizioni sono occupate rispettivamente dall’Università di Bologna (89,7 punti), dall’Università di Padova (87,5) e dalla Sapienza di Roma (85,7). Seguono l’Università di Pisa (84,0) e l’Università Statale di Milano (83,7). Nei grandi atenei statali (da 20.000 a 40.000 iscritti), l’Università di Pavia si posiziona al primo posto (91,2 punti), seguita dall’Università di Perugia (90,5). La terza e la quarta posizione sono occupate rispettivamente dall’Università della Calabria (90,2) e dall’Università di Venezia Ca’ Foscari (89,0). L’Università di Parma guadagna due posizioni e si colloca al quinto posto (87,2), seguita dall’Università di Salerno (87,0) che recupera cinque posizioni. 

Tra i medi “brilla” Trento e tra i piccoli Camerino

Nei medi atenei statali (da 10.000 a 20.000 iscritti), l’Università di Trento si posiziona al primo posto (96,2 punti), seguita dall’Università di Udine (93,7) e dall’Università di Sassari (92,3). L’Università Politecnica delle Marche (91,8) sale di una posizione, mentre l’Università di Trieste (91,3) scende di due posizioni. Nei piccoli atenei statali (fino a 10.000 iscritti), l’Università di Camerino (101,7 punti) si posiziona al primo posto, seguita dall’Università della Tuscia (86,0) e dall’Università di Macerata (85,7). La classifica prosegue con l’Università di Cassino (84,3) al quarto posto e l’Università del Sannio (84,0) al quinto posto, che guadagna tre posizioni. 

Milano prima con il Politecnico e con la Bocconi 

Nei politecnici, il Politecnico di Milano si posiziona al primo posto (96,2 punti), seguito dal Politecnico di Torino (91,5). Il Politecnico di Bari e lo Iuav di Venezia si collocano a pari merito al terzo posto (86,5). Tra gli atenei non statali, l’Università Bocconi si posiziona al primo posto tra i grandi atenei (oltre 10.000 iscritti) con un punteggio di 90,4. Segue l’Università Cattolica di Milano (76,6). Nella categoria dei medi atenei non statali (da 5.000 a 10.000 iscritti), la Luiss si colloca al primo posto (91,4), seguita dallo Iulm (81,2) sempre di Milano.

Casa: oggi 8 italiani su 10 vogliono assicurare le mura domestiche

Se prima della pandemia la casa era considerata come mero ambiente in cui stazionare nelle ore notturne o durante il weekend, complice l’emergenza sanitaria e il lavoro agile in pochi anni la casa è divenuta protagonista di una trasformazione, che l’ha portata a essere ben più di un rifugio.
La casa, oggi, si abita e si vive, è luogo di riposo e sinonimo di accoglienza, è ufficio, ma anche luogo di incontro e relax. Forse, infatti, è proprio l’abitazione uno dei luoghi mutati più profondamente nel corso di questi ultimi 3 anni.  Ma vivere maggiormente l’abitazione, al pieno delle sue potenzialità, ha restituito anche conseguenze in termini di sicurezza. E 8 italiani su 10 oggi vogliono assicurare le loro mura domestiche.

Nel 2022 richieste di sottoscrizione a +14,4%

Un dato che non sorprende: come conferma il report ‘L’assicurazione Italiana’, rilasciato dall’Associazione Nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA, )già nel 2022 emergeva un aumento di richieste di sottoscrizione di contratti assicurativi a protezione della casa. Secondo lo studio, infatti, solo a marzo dello scorso anno è stato registrato un aumento del +14,4% nel ramo danni rispetto al periodo pre-pandemico.
Un dato che già l’anno passato restituiva una fotografia puntuale delle nuove necessità degli italiani, figlie di due anni di incertezza in cui la casa si è trasformata da luogo in cui trascorrere la notte a porto sicuro.

Un popolo di proprietari che crede nell’assicurazione

Per il 73% degli intervistati, oggi la casa è un luogo polifunzionale in cui la parola chiave è ‘condivisione’, di spazi, momenti, esperienze. Ma è anche un investimento sicuro (35%) da lasciare in eredità ai figli a garanzia di un futuro più roseo (46%). Gli italiani infatti sono un popolo di proprietari di casa (il 79% del campione dichiara di possederne una), ne percepiscono l’importanza e sentono l’esigenza di proteggerla. Sono 8 su 10, infatti, gli italiani che sostengono il valore di un’assicurazione sulla casa. E il 54% ha già provveduto a stipularne una.

Green, tecnologica, cyber sicura

In ogni caso, dopo 3 anni gli italiani hanno ben chiaro in mente quale sarà la casa del futuro: green, tecnologica, cyber sicura. Se durante il lockdown l’abitazione era diventata una prigione dorata, oggi la percezione delle persone è cambiata, e con essa anche il modo di vivere il proprio ambiente domestico. Questo è quanto emerge anche da una ricerca BVA-Doxa promossa da Groupama Assicurazioni per l’Osservatorio Change Lab, Italia 2030, che monitora e analizza i principali trend che modificheranno il modo di vivere degli italiani nel corso dei prossimi dieci anni, nonché l’impatto di tali cambiamenti su economia, ambiente e sviluppo del Paese.

Sistema Sanitario Nazionale, come sta l’Italia?

Negli ultimi 15 anni, il Fondo Sanitario Nazionale ha subito continui tagli finanziari nell’ambito delle revisioni della spesa pubblica, come sottolineato dalla ricerca “Il Termometro della Salute” promossa dall’Osservatorio Salute, Legalità e Previdenza Eurispes-Enpam. Questa situazione ha portato a una progressiva riduzione delle capacità del sistema sanitario e ha posizionato l’Italia in una posizione inferiore rispetto ad altri Paesi nel rapporto tra investimenti nella sanità pubblica e PIL. Nel 2019, prima dell’arrivo della pandemia, la percentuale del PIL destinata alla sanità era scesa al 6,2%, a cui i cittadini aggiungevano una spesa diretta del 2,2%. La media dell’Unione Europea a 27 era rispettivamente del 6,4% e 2,2%, mentre in Paesi come Germania (9,9% e 1,7%), Francia (9,4% e 1,8%) e Svezia (9,3% e 1,6%) gli investimenti pubblici in sanità superavano di oltre un terzo quelli italiani. Con l’ultima Legge di stabilità, dopo il triennio “straordinario” in cui sono state destinate risorse per affrontare la pandemia e la campagna di vaccinazione (anche se solo in parte erogate fino ad oggi), la percentuale del PIL destinata al SSN è tornata a diminuire, avvicinandosi al minimo storico intorno al 6%.

Sottratti 37 miliardi di euro in 10 anni

Nel corso di un decennio, sono stati sottratti oltre 37 miliardi di euro alla sanità pubblica italiana, di cui circa 25 miliardi nel periodo 2010-2015 a causa di tagli previsti da diverse manovre finanziarie, e oltre 12 miliardi nel periodo 2015-2019 a causa del “definanziamento” che ha ridotto le risorse del SSN rispetto ai livelli programmati (dati Fondazione Gimbe).

Il problema del mancato turnover di medici e infermieri

Il mancato turnover e il blocco delle assunzioni hanno generato problemi di precariato per medici, infermieri e altre figure professionali di supporto al SSN, che sono diventati inconciliabili con la continuità dell’assistenza. Inoltre, ciò ha portato a un invecchiamento significativo del personale sanitario, con un alto numero di pensionamenti. Questo fenomeno, che ha già ridotto il numero di professionisti. Tra l’altro si prevede che il fenomeno esploderà nei prossimi anni e coinvolgerà anche il settore sanitario privato. Nel 2019, in Italia c’erano 4,05 medici ogni 1.000 abitanti, un dato leggermente inferiore a Spagna (4,4) e Germania (4,39), ma superiore alla Francia (3,17). La percentuale di infermieri (circa 6,16 ogni 1.000 abitanti, con 1,4 infermieri per ogni medico) colloca l’Italia agli ultimi posti nella classifica dei paesi OCSE. 

Medici anziani e pochi dottori giovani

L’anagrafe della classe medica evidenzia la presenza di molti professionisti anziani e pochi giovani. Più della metà della classe medica italiana (56%) è composta principalmente da medici tra i 55 anni e oltre i 75 anni, che entro cinque anni non saranno più in servizio. I medici giovani, ovvero quelli sotto i 35 anni, rappresentano solo l’8,8% in Italia, mentre in Paesi come Gran Bretagna, Olanda e Irlanda superano il 30%, e in Germania, Spagna e Ungheria superano il 20%. La Francia, pur avendo una percentuale inferiore rispetto all’Italia per quanto riguarda i medici sotto i 35 anni, ha comunque un 15,7% di giovani medici, quasi il doppio rispetto all’Italia.

WhatsApp insegue Telegram e annuncia l’arrivo dei Canali

“Stiamo costruendo canali per offrire il modo più privato di comunicare”: così il Ceo di Meta Mark Zuckerberg ha annunciato l’introduzione dei Canali su WhatsApp, che in questo modo diventa sempre più simile a Telegram. I primi a ricevere l’accesso ai Canali saranno gli utenti in Colombia e Singapore, ma Meta ha assicurato che amplierà la disponibilità dello strumento a livello globale entro la fine del 2023. I Canali rappresentano una nuova funzionalità semplice, affidabile e privata per ricevere aggiornamenti importanti da persone e organizzazioni. La privacy infatti continua a essere una priorità per Meta.
“Come amministratore del canale – ha aggiunto Zuckerberg – il tuo numero di telefono e la tua immagine del profilo non verranno mostrati ai follower. Allo stesso modo, se segui un canale il tuo numero di telefono non verrà mostrato all’amministratore o agli altri che seguono lo stesso canale”.

Una scheda separata per ricevere tutto il contenuto di ogni canale 

Come già accade su Telegram, i canali su WhatsApp sono strumenti di trasmissione unidirezionali in cui gli amministratori possono pubblicare immagini, video, adesivi e sondaggi. In pratica, quando un utente si iscrive a un canale specifico, riceverà tutto il contenuto in una scheda separata.
Si può aderire a questi canali tramite un invito, oppure si possono anche cercare all’interno di WhatsApp. I canali saranno accessibili tramite una scheda separata chiamata Aggiornamenti, che fornisce agli utenti uno spazio dedicato sia per gli aggiornamenti di stato sia per i canali che scelgono di seguire.

Un efficace strumento di trasmissione unidirezionale di contenuti

Facendo ‘tap’, si apriranno i messaggi condivisi dalle organizzazioni e dalle persone che condivideranno notizie, update e comunicazioni broadcast a carattere informativo. Ci sarà così una chiara separazione che garantisce che le conversazioni personali con amici e familiari rimangano distinte dai contenuti del canale. Gli amministratori del canale avranno la possibilità di inviare vari tipi di contenuti ai propri follower, tra cui testo, foto, video, adesivi e sondaggi, trasformando i canali in un efficace strumento di trasmissione unidirezionale.

Come scoprirli? Attraverso una directory con diverse categorie

Per facilitare la scoperta del canale, WhatsApp ha confermato che introdurrà una directory ricercabile con diverse categorie come hobby, squadre sportive e aggiornamenti da parte dei funzionari locali.
Gli utenti possono anche accedere ai canali tramite link di invito condivisi in chat, inviati tramite e-mail o pubblicati online. La privacy è una priorità assoluta per WhatsApp, poiché sia gli amministratori sia i follower possono essere certi che le loro informazioni personali rimarranno protette.

Confindustria, per l’Italia crescita più contenuta 

Il Centro Studi di Confindustria ha pubblicato un report che evidenzia una crescita più moderata per l’Italia nel secondo trimestre dell’anno, segnalando un segnale di indebolimento dopo il buon avvio all’inizio dell’anno. La situazione risulta essere solida nel settore dei servizi, che rimane il traino dello sviluppo, ma meno favorevole nell’industria e nel settore delle costruzioni. Secondo l’Rttt index, sviluppato dal Centro Studi di Confindustria in collaborazione con TeamSystem, il fatturato di tutti i settori ha registrato una frenata nel mese di aprile. Sebbene il calo dei prezzi del gas rappresenti una spinta positiva, i consumi e gli investimenti rimangono penalizzati dall’inflazione e dall’aumento dei costi del credito. Anche l’export è in stallo, seguendo la tendenza di frenata registrata a livello mondiale.

Il problema dell’inflazione

L’inflazione in Italia rimane “persistente”: ad aprile, infatti, ha interrotto il suo calo (+8,2% annuo rispetto al +7,6% precedente), ma si prevede che la tendenza al ribasso continuerà grazie alla riduzione dei prezzi del gas (34 euro/mwh a maggio) e agli effetti del rialzo dei tassi. I prezzi al consumo alimentari rimangono comunque in tensione (+11,8%), ma si prevede un graduale raffreddamento a causa dei costi elevati delle materie prime senza ulteriori aumenti significativi (ad aprile +49% rispetto al 2019). La dinamica dei prezzi al consumo dei beni e dei servizi core continuerà ad aumentare (+4,9%), incorporando gli aumenti passati nell’energia.
Il tasso di interesse sui prestiti alle imprese italiane è aumentato a marzo al 4,30%, più del triplo rispetto alla fine del 2021 (1,18%). Secondo il report, il credito viene erogato a condizioni più onerose, il che porta a una contrazione sempre maggiore dello stock di prestiti alle imprese (-1,0% annuo a marzo). Questo si traduce in una mancanza di sostegno alla produzione e agli investimenti, secondo gli economisti di Confindustria, che osservano la possibilità di nuovi aumenti dei tassi da parte della BCE.

I servizi trainano l’economia

I servizi continuano a trainare l’economia italiana, mentre il settore industriale mostra una resistenza minore. Nel primo trimestre, il turismo in Italia è stato molto al di sopra dei livelli del 2022 (+30,7% per la spesa dei viaggiatori stranieri), avvicinandosi a quelli del 2019. Tuttavia, la produzione industriale è diminuita nuovamente a marzo (-0,6%), registrando il terzo calo consecutivo, sebbene il primo trimestre si sia chiuso solo leggermente negativo (-0,1%) grazie ai buoni risultati di dicembre. Il Centro Studi di Confindustria avverte che lo scenario economico sta peggiorando. A livello di PMI, l’indice è bruscamente sceso in aprile entrando in territorio di contrazione (46,8 rispetto a 51,1), e a maggio la fiducia delle imprese è nuovamente diminuita, con un calo degli ordini e delle aspettative sulla produzione. Anche la domanda estera non sta più trainando l’export italiano di beni, che si è fermato in media nel primo trimestre del 2023.

I consumi? Tra luci e ombre

Per quanto riguarda i consumi, ci sono segnali misti provenienti dal settore. Se a marzo le vendite di beni alimentari sono diminuite (-0,7% in volume), le immatricolazioni di auto sono aumentate dall’inizio dell’anno, grazie a una domanda favorevole dopo diversi mesi di contrazione (+9,7% nei primi 4 mesi). Tra i fattori positivi, il mercato del lavoro è rimasto in espansione nel primo trimestre (+80.000 occupati), anche se a livello di consumi l’Icc ha registrato una crescita modesta ad aprile (+0,2% annuo), trainata principalmente dai servizi (+4,5%). A maggio, le opinioni delle famiglie sulla propria situazione economica sono leggermente peggiorate, così come la fiducia generale.

Italiani sempre più tech, i Senior usano i device (quasi) come i GenZ

Device ed elettrodomestici sono sempre più utilizzati dagli italiani per ogni tipo di attività e vivere esperienze più connesse. Secondo il Trend Radar di Samsung l’84,1% degli italiani ha aumentato in maniera esponenziale l’utilizzo dei device e il 63,4% degli elettrodomestici. Rispetto ai device, lo dichiara oltre la metà dei Senior (57,6%), piazzandosi solo poco dopo la GenZ (62%). 
Ma oltre alla praticità c’è di più, perché la tecnologia favorisce anche l’interazione tra le generazioni, accorciando le distanze tra GenZ e Senior, e genitori e figli, per migliorare competenze e imparare le funzionalità. Insomma, gli italiani ormai si ritengono sempre più tecnologici, e se nove su dieci si considerano ‘persone tecnologiche’, ovvero capaci di utilizzare al meglio device (92,8%) ed elettrodomestici (92,6%), la percezione della propria preparazione differisce secondo l’età.

Il supporto tecnologico dei giovani in famiglia

Gli italiani riconoscono quasi all’unanimità quanto siano importanti i device (96%) e gli elettrodomestici (93%) nella vita di tutti i giorni. Inoltre, sono consapevoli di come oltre allo smartphone, dispositivo per il quale il 72% dichiara di non poter più fare a meno, gli elettrodomestici connessi possano rendere migliore la gestione della casa: il 62,5% (50,8% Senior) vorrebbe approfondirne la conoscenza.
Ma la tecnologia rappresenta un modo per restare in contatto con la famiglia (88,1%, 86% Senior), anche attraverso il supporto dei più giovani in ambito tech in famiglia (79,5%). Ed è diffusa anche la volontà di essere disponibili e responsabili da parte degli adulti nel formare e aiutare i più piccoli all’universo online (87,2%).

Generazioni unite nell’affermare la centralità dei dispositivi

La tecnologia, insomma, diventa un mezzo imprescindibile per gli italiani, Il 59,2% afferma che senza non potrebbe più svolgere alcuna attività quotidiana.
Tra coloro che sostengono che i device sono molto utili nella vita quotidiana non stupisce che l’84,3% sia rappresentato dai GenZ. Anche il 69,3% dei Senior ritiene fondamentale l’utilità dei dispositivi tecnologici nella quotidianità, e il divario si fa ancora più sottile in merito all’utilità degli elettrodomestici.
In questo caso, infatti, dopo i GenZ (76,1%) si piazzano proprio i Senior (72,8%), mentre i Millennials arrivano ultimi con il 70,8%.

Millennials i più abili a utilizzare gli elettrodomestici

Più le persone sono giovani, più però si ritengono abili nell’utilizzo dei device, con un picco del 75,9% fra la GenZ e un dato molto più basso (45,5%) fra i Senior.
Nello specifico, per smartphone e tablet la conoscenza diminuisce all’aumentare dell’età. Si parte da un 67,3% per i GenZ con 9,5 punti percentuali di differenza con Millennials (57,8%), per i quali lo smartphone è ormai il canale di comunicazione e informazione principale verso il mondo esterno che avviene tramite chat e social. Invece, per coloro che si ritengono molto capaci nell’utilizzo degli elettrodomestici, è curioso notare come i valori della GenZ (54,3%) e dei Senior (55,8%) siano simili e decisamente più bassi rispetto ai Millennials e agli adulti che si dichiarano più abili.

Usare il cellulare per più di 30 minuti fa alzare la pressione? Pare proprio di sì

Un team di ricercatori cinesi ha condotto uno studio mirato sull’effetto che l’utilizzo del cellulare ha sulla pressione arteriosa. La ricerca ha infatti rivelato come parlare al cellulare per almeno 30 minuti alla settimana possa aumentare del 12% il rischio di sviluppare ipertensione. Ma perchè ciò accade? Secondo gli studiosi, il fenomeno sembra essere collegato alla bassa energia a radiofrequenza emessa dai telefoni cellulari. L’ipertensione rappresenta un importante fattore di rischio per infarto e ictus ed è una delle principali cause di morte prematura a livello globale. Per cui ogni informazione utile a contrastarla è preziosa.

Il tempo conta 

L’autore dello studio, Xianhui Qin,della Southern Medical University, Guangzhou, Cina. ha affermato che è il numero di minuti trascorsi al telefono che fa la differenza in merito alla salute del cuore. Ovvero, più minuti si trascorrono all’apparecchio più aumenta il rischio di sviluppare l’ipertensione. Nel corso dello studio sono stati coinvolti 212.046 adulti di età compresa tra 37 e 73 anni senza ipertensione, ai quali sono state chieste informazioni sul loro utilizzo del telefono cellulare. Dopo un follow-up mediano di 12 anni, è emerso che gli utenti di telefoni cellulari che parlavano al cellulare per 30 minuti o più a settimana avevano una probabilità del 12% maggiore di sviluppare ipertensione rispetto a coloro che parlavano meno di 30 minuti. Questi risultati sono stati riscontrati sia per le donne sia per gli uomini, senza differenze di genere.

Il vivavoce? Non serve a contrastare il fenomeno

Inoltre, l’uso di un dispositivo vivavoce non sembra influire sulla probabilità di sviluppare ipertensione. Insomma, anche se si utilizzano dispositivi di protezione, pare che il risultato non cambi. Ovviamente, saranno necessari ulteriori approfondimenti sul tema.

La genetica ha un ruolo importante

Non sono solo le abitudini – compresa quella di parlare al telefono – a interferire con la buona salute. Come sempre, riveste un ruolo di primo piano anche la genetica. L’analisi del rischio genetico, condotta  sempre dal team di scienziati cinesi, ha mostrato che le persone con un alto rischio genetico hanno una probabilità del 33% maggiore di sviluppare ipertensione se parlano al cellulare per almeno 30 minuti alla settimana. Secondo Qin, però, sono necessarie ulteriori ricerche per confermare questi risultati, ma nel frattempo sembra prudente ridurre al minimo le telefonate per preservare la salute del cuore. Si tratta di un’indicazione che riguarda tutti i cittadini del mondo, dato che tre quarti della popolazione globale di età pari o superiore a 10 anni possiede un telefono cellulare.

Immobiliare di lusso: Parigi è in testa, Milano chiude la Top 10

Parigi, che si sta preparando per le Olimpiadi del 2024, sembra trovare unanimità tra gli investitori internazionali, attratti dal suo patrimonio, la sua cultura e la sua forza economica. La capitale francese è infatti al 1° posto tra le 50 città più attraenti per l’immobiliare di lusso. Ma tra le prime dieci ci sono anche altre quattro europee, Londra (7°), Ginevra (8°), Madrid (9°) e Milano (10°), segnale di un ritorno in grazia delle città storiche agli occhi di clienti facoltosi. Il primato emerge dal Barnes Index City 2023 più ricercate dagli UHNWI (Ultra High-Net-Worth Individuals), che dopo Parigi eleggono sul podio due mete americane, Miami (2°) e New York (3°).

Il balzo in avanti di Roma 

Il 2022 è stato in generale un anno incredibile per le compravendite residenziali in Italia, con circa 787.000 compravendite (+4.8%) sul territorio nazionale. E i primi mesi del 2023 hanno espresso un’effervescenza in Italia anche del mercato immobiliare di lusso, riscontrando un aumento della domanda soprattutto da parte di clienti stranieri. Nel Barnes Index City 2023 appaiono infatti anche due italiane, Milano (10°), e Roma, che dal 22° posto dell’anno precedente passa all’11°. Roma fa quindi un balzo in avanti nella classifica delle città più desiderate dagli ultra-ricchi del mondo, confermando il trend di crescita della domanda di immobili degli ultimi anni.

Nella Top 5 quattro americane e un’araba

Il livello più alto è composto da cinque città, riuscite più di altre a rassicurare gli investitori in questo periodo di incertezza. Oltre a Parigi, in cima alla lista, grazie alla loro vitalità economica hanno conquistato il 2°, 3° e 4° posto tre grandi città degli Stati Uniti, Miami, New York e Austin (Texas).
In quinta posizione Dubai, che entra a far parte dell’esclusivo club degli investimenti ‘safe global’ per il suo appeal esercitato su imprenditori ed expat family. È infatti una sorta di El Dorado per gli investitori nei settori del lusso, tech e salute, e in due decenni è passata da destinazione in cui investire a destinazione in cui vivere.

Scommesse sicure per gli investitori

Tra le tradizionali ‘scommesse sicure’, Londra, Ginevra, Madrid, Milano e Roma, a conferma di un polarismo all’interno dell’indice tra Nord America e Europa, interrotto da Tokyo, che appare come unica città asiatica al 6° posto della Top 10. Ma alle soglie della Top 10 c’è una nuova arrivata, Istanbul, che ogni anno attira sempre più investitori grazie alla sua posizione strategica nel punto di incontro tra Europa e Asia. Quanto alle ‘escluse’, la chiusura della Cina agli stranieri ha fatto sì che diverse città cinesi scendano o siano fuori dall’Index. Allo stesso modo, riporta Ansa, la guerra in Ucraina ha alienato Mosca e San Pietroburgo dalle simpatie degli investitori per un periodo di tempo imprecisato.