Autore: Martina Pellegrini

Viaggi di piacere e di lavoro: cosa influenza le scelte?

La quarta edizione dell’Osservatorio EY Future Travel Behaviours analizza l’evoluzione dei comportamenti, delle tendenze e delle aspettative dei viaggiatori italiani ed europei per motivi di vacanza e lavoro. Quest’anno, sono state coinvolte oltre 5.000 persone residenti in Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito, utilizzando anche test psicologici impliciti per comprendere le motivazioni inconsce che influenzano le scelte di viaggio.

L’Italia si conferma tra le mete più desiderate

L’edizione attuale conferma un aumento delle intenzioni di viaggio per l’anno in corso, con l’Italia al secondo posto, dopo la Spagna, come meta più desiderata per i viaggiatori europei. Il 90% degli intervistati ha in programma almeno un viaggio per vacanza, mentre i viaggi per lavoro stanno riprendendo con un aumento dell’8% e il ritorno ai livelli pre-pandemici.

I voli aerei… decollano

Nel 2023, sono aumentati i viaggi con tutti i mezzi di trasporto, con una crescita particolare nei viaggi in aereo (dal 54% al 62%) e in treno (dal 38% al 47%). Tuttavia, il 65% è cauto riguardo all’aumento dei costi, pur mantenendo un forte interesse nei viaggi.

Cresce anche il desiderio di unire vacanza e lavoro nello stesso viaggio, superando il 50% rispetto all’anno precedente. L’impatto ambientale assume un ruolo centrale nella scelta dei mezzi di trasporto, ma l’offerta di viaggi eco-sostenibili non soddisfa pienamente le esigenze dei viaggiatori.

L’IA entra nella pianificazione del viaggio

C’è un forte interesse nell’utilizzo dell’IA nella pianificazione dei viaggi, e le intenzioni della Generazione Z anticipano i trend futuri, offrendo indicazioni su come si evolveranno i viaggi e sui profili dei futuri viaggiatori.

Il 96% degli italiani prevede almeno un viaggio nel 2024, con il treno come mezzo preferito per i viaggi di lavoro (57%). 

Gli italiani amano l’Italia

Gli italiani sono più propensi a viaggiare nel proprio paese per vacanza, e la Spagna è la meta estera preferita. Il comfort è un fattore essenziale nelle scelte, e c’è un crescente interesse nel combinare vacanza e lavoro nello stesso viaggio.

Le modalità preferite per combinare lavoro e vacanza includono Bleisure, Workation, Digital nomadism e Team bonding, con un forte interesse soprattutto tra i Millennials e la Generazione Z.

La sostenibilità sul web: cosa cercano gli italiani?

Gli italiani stanno dimostrando sempre più interesse per la sostenibilità, ma quali sono le ricerche più frequenti su tale tema? A rispondere a questa domanda è l’Osservatorio Karma Metrix, che ha condotto un’analisi delle ricerche effettuate su Google nel corso del 2023 riguardanti proprio la sostenibilità. L’attenzione rimane concentrata sulla sostenibilità ambientale, ma l’analisi evidenzia un crescente interesse degli italiani anche per le questioni sociali e strategiche legate alla sostenibilità.

“Inquinamento” è la categoria più ricercata

Le categorie di ricerca più popolari includono “inquinamento”, con quasi 700.000 ricerche al mese, anche se si registra un calo rispetto all’anno precedente. Questo potrebbe indicare una maggiore consapevolezza del problema e un passaggio all’azione. Segue la categoria “sostenibilità e sviluppo sostenibile”, con quasi 660.000 ricerche al mese, evidenziando un aumento del 66,3% rispetto al 2021. Anche la categoria “mobilità” è significativa, con un totale di 244.700 ricerche al mese, trainata da termini come “monopattino elettrico”, “scooter elettrico” e “auto elettrica”.

Tesla e cambiamento climatico le parole più googlate

Tra le parole chiave più cercate spicca “Tesla”, con 368.000 ricerche al mese, seguita da “cambiamento climatico” e “inondazioni”, quest’ultima registrando un aumento dell’800% rispetto all’anno precedente. Altri termini popolari includono “Agenda 2030” e “Cop 28”, riflettendo l’attenzione degli italiani verso le decisioni che influenzano il futuro del pianeta. Inoltre, si osserva un aumento delle ricerche legate alle certificazioni ISO, con la “Iso 9001” in testa alla lista, indicando una crescente consapevolezza delle aziende italiane sull’importanza di adottare sistemi di gestione sostenibili.

Il tema ambiente registra un +17% di ricerche rispetto a un anno fa

Complessivamente, le ricerche sulla sostenibilità hanno registrato un aumento del 17% rispetto all’anno precedente. Sebbene ci sia stato un calo nelle ricerche riguardanti l'”inquinamento” e il “cambiamento climatico”, ciò potrebbe riflettere una maggiore maturità e consapevolezza sul tema, con le persone che ora cercano informazioni più specifiche.

L’effetto “cronaca”

Da evidenziare come la cronaca incida sulla percezione dei cittadini. Infatti, nonostante il calo delle ricerche alla voce “inquinamento” e “climate change”, la terza parola chiave più cercata nell’ambito della sostenibilità è stata “inondazione”, che ha raccolto il 13,5% del traffico di ricerca tematica passando da 1.900 ricerche mensili del 2022 alle 165.000 dello scorso anno. Impossibile non pensare alle numerose inondazioni che hanno colpito la penisola durante lo scorso anno, in particolare quelle emiliane. Non a caso, parole come “Alluvione Emilia Romagna” e “Alluvione Emilia” sono passate a 27.100 e 18.100 ricerche mensili. Entrambe erano a zero solo un anno prima.

Formazione e cybersecurity: le aziende investono più di 100mila dollari all’anno

Emerge dalla ricerca di Kaspersky dal titolo The portrait of the modern Information Security Professional: oltre il 70% delle aziende ogni anno spende oltre 100.000 dollari per la garantire l’aggiornamento dei propri dipendenti nel campo della cybersecurity.

Secondo la ricerca, le aziende per l’aggiornamento dei propri team di cybersecurity investono in modo significativo. In particolare, il 43% spende abitualmente tra i 100.000 e i 200.000 dollari all’anno, il 31% addirittura più di 200.000 dollari, mentre il restante 26% investe abitualmente meno di 100.000 dollari.
Le aziende, tuttavia, nel mercato della formazione evidenziano anche la mancanza di corsi mirati a coprire nuove aree di interesse, e dichiarano che i training non sempre portano i risultati attesi.

In Europa il 42% dei professionisti ritiene i corsi carenti 

La ricerca esamina anche il problema della carenza di personale a livello globale nel campo della cybersecurity, analizzando le motivazioni e identificando i metodi di valutazione e aggiornamento della workforce aziendale dedicata alla sicurezza IT.

Di fatto, il 39% dei professionisti della cybersecurity (un dato che sale al 42% in Europa) ritiene che la formazione aziendale non sia sufficiente. Per essere competitivi sul mercato e aggiornare le conoscenze e le competenze, i professionisti sono infatti disposti a frequentare ulteriori corsi di formazione a proprie spese. Tuttavia, osservano che il mercato della formazione fatica a stare al passo con un settore in rapida evoluzione e non riesce a fornire in tempo i programmi di aggiornamento necessari.

L’attività formativa è poco aggiornata?

La ricerca mostra che la scarsità di corsi che coprono nuovi ambiti di interesse (49%) è il problema principale per chi cerca una formazione sulla cybersecurity.

Il 47% degli intervistati afferma poi che i tirocinanti tendono a dimenticare quanto appreso perché non hanno avuto la possibilità di applicare le conoscenze appena acquisite, quindi per loro i corsi si sono rivelati inefficaci.
E per il 45% degli operatori risulta complicato richiedere prerequisiti formativi specializzati, come la codifica e la programmazione avanzata, che non sono stati specificati durante la fase di pre-registrazione.

“Meglio puntare sullo sviluppo di specialisti interni“

“Con un panorama di minacce in costante evoluzione, le aziende dovrebbero migliorare continuamente le competenze del proprio personale responsabile della cybersecurity per essere preparate ad affrontare sofisticati attacchi informatici – commenta Veniamin Levtsov, VP, Center of Corporate Business Expertise di Kaspersky -. Lo sviluppo di specialisti di alto profilo all’interno dell’azienda e la creazione di competenze interne possono essere una strategia efficace per le organizzazioni che vogliono fidelizzare i propri dipendenti e permettergli di crescere professionalmente, invece di andare costantemente alla ricerca di nuovi candidati e verificare il loro background professionale e le competenze pratiche”.

Lavoro: cercasi da 3,1 a 3,6 milioni di occupati entro il 2028

Nello scenario più positivo, in Lombardia, con un fabbisogno atteso pari a 669mila unità, si concentrerà oltre il 18% dell’intera domanda nazionale di lavoratori tra il 2024 e il 2028, nel Lazio il 9,8% (356mila unità), in Campania l’8,8% (320mila), in Emilia-Romagna l’8,4% (306mila) e in Veneto l’8,3% (302mila). 
Di fatto, tra il 2024 e il 2028 il mercato del lavoro italiano potrebbe esprimere un fabbisogno compreso tra 3,1 e 3,6 milioni di occupati.

Sulle previsioni inciderà l’effettivo impatto delle risorse stanziate con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza Emerge dal report sulle Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine, elaborato nell’ambito del Sistema informativo Excelsior e realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Ministero del Lavoro. 

Gran parte del fabbisogno determinato dai lavoratori in uscita

Le necessità di sostituzione dei lavoratori in uscita dal mercato del lavoro determineranno la gran parte del fabbisogno (2,9 milioni di unità nel quinquennio), pari a una quota dell’80% nello scenario positivo e del 92% in quello negativo.

Nel 2024-2028, per l’insieme dei settori privati e pubblici, circa il 41% del fabbisogno complessivo interesserà dirigenti, specialisti e tecnici (tra 1,3-1,5 milioni), mentre le professioni commerciali e dei servizi assorbiranno il 19% del fabbisogno totale, gli impiegati il 15%, gli operai specializzati l’11% e i conduttori di impianti il 6%.
Rispetto all’attuale struttura professionale saranno perciò destinate a crescere le professioni specialistiche e tecniche, ma anche quelle impiegatizie, mentre continueranno a diminuire operai specializzati e conduttori di impianti.

Le professioni richieste nel terziario

Circa il 38% del fabbisogno occupazionale del quinquennio riguarderà professioni con una formazione terziaria (laurea, diploma ITS Academy o AFAM), il 4% profili con diploma liceale e il 46% personale in possesso di formazione secondaria di secondo grado tecnico-professionale.
In particolare, nell’istruzione terziaria sarà elevato il fabbisogno di personale con titolo in ambito STEM, che determinerà un significativo mismatch rispetto alla presenza di giovani in possesso di questo tipo di formazione.

Per l’insieme dei percorsi STEM potrebbero mancare, infatti, ogni anno tra 8mila e 17mila giovani.
Per quanto riguarda gli altri indirizzi, è attesa una carenza di offerta per insegnamento e formazione (mancheranno tra 9mila-12mila giovani), economico-statistico (5-11mila) e medico-sanitario (circa 7mila).

Green e digitale: più competenze richieste e nuove figure professionali

Anche per la formazione secondaria di tipo tecnico-professionale è prevista una carenza di offerta, che riguarderà sia i percorsi quinquennali (mancheranno tra 13mila-42mila giovani all’anno) sia quelli di Istruzione e Formazione Professionale. 

I macro trend delle transizioni green e digitale incideranno sulla domanda di personale, portando sia all’innalzamento delle competenze verdi e digitali richieste sia alla nascita di nuove figure professionali.
Si stima che tra il 2024 e il 2028 il possesso di competenze green verrà richiesto con importanza almeno intermedia a oltre 2,3 milioni di lavoratori (quasi i due terzi del fabbisogno del quinquennio) e le competenze digitali a 2,1 milioni, oltre il 58% del fabbisogno totale.

Il vino italiano negli Usa? Amatissimo, però…

Gli Stati Uniti mantengono anche nel 2023 il primato mondiale nei consumi assoluti di vino, superando i 30 milioni di ettolitri, sebbene con una lieve diminuzione rispetto agli anni precedenti. Il Paese conferma anche la sua posizione di primo importatore al mondo, con un valore di acquisti di vino dall’estero che supera i 6 miliardi di euro, nonostante una riduzione dell’11% rispetto all’anno precedente. Questa è la fotografia delineata dal Report di Nomisma Wine Monitor, l’Osservatorio dedicato al mercato del vino, che si concentra sul Nord America, analizzando le performance del vino italiano negli Stati Uniti e in Canada.

Francia primo partner commerciale degli States

La Francia rimane il principale partner commerciale degli Stati Uniti, con oltre il 37% della quota di mercato, seguita dall’Italia, che, nel 2023, vede una diminuzione delle esportazioni al di sotto dei 2 miliardi di euro (-11,4% rispetto al 2022), mantenendo comunque una quota di mercato superiore al 30%.

Tutti i primi 5 Paesi partner commerciali degli USA registrano una diminuzione del valore delle esportazioni, ma Francia e Italia consolidano le prime due posizioni in termini di quote di mercato. Le importazioni di vino imbottigliato negli USA diminuiscono sia a valore che a volume, con Francia e Italia che si spartiscono quasi equamente i due terzi della quota di mercato.

Lo bollicine italiane piacciono sempre

La categoria “Sparkling” registra contrazioni sia a volume che a valore, ma l’Italia si posiziona come il meno penalizzato tra i top 5 partner degli Stati Uniti, consolidando il secondo posto con il 36,4% della quota di mercato, dietro alla Francia. In Canada, il segmento “Sparkling” non riesce a confermare gli incrementi registrati nel 2022, con riduzioni nelle importazioni sia a valore che a volume.

Nel 2023, le importazioni di Grandi Formati negli USA mantengono il loro valore (+2,4%), e lo stesso accade in Canada con un aumento del 8,2% nell’import a volume di vino in contenitori da 2 a 10 litri.
Per quanto riguarda il vino sfuso, negli USA si registrano forti cali sia a valore che a volume, con l’Italia che migliora leggermente raggiungendo una quota di mercato del 6%. In Canada, le importazioni di vino sfuso diminuiscono a valore, ma rimangono stabili nei volumi, con l’Italia che perde terreno.

Il Prosecco campione di esportazioni

Le esportazioni di vini DOP italiani negli USA subiscono una flessione del 4,8% a valore e del 10% a volume nel 2023. Nonostante ciò, il Prosecco rimane il primo vino italiano esportato. Le esportazioni dei vini DOP in Canada registrano una contrazione sia a valore che a volume, con una notevole riduzione dei rossi Veneti. I rossi DOP della Toscana rimangono i più venduti in Canada, seguiti dal Prosecco.

Acquisti on line: gli italiani si fidano delle recensioni o degli influencer?

Quali sono i consigli più seguiti dagli italiani quando devono effettuare acquisti on line? Si affidano alle parole dei loro omologhi, affidandosi quindi alle recensioni lasciate sul web, oppure danno retta alle dritte degli influencer? A sorpresa, si scopre che i nostri connazionali preferiscono seguire le recensioni – specie quelle negative – mentre mostrano un certo scetticismo nei confronti degli influencer. Lo rivela il recentissimo ‘Tableau de bord®. L’indice di fiducia dei consumatori, monitor sugli italiani’, documento realizzato dall’Istituto Piepoli per Udicon, e che Adnkronos/Labitalia ha visionato e diffuso.

Si tratta di un’indagine svolta tra il 5 e il 7 febbraio 2024 su un campione rappresentativo della popolazione, composto da uomini e donne maggiori di 18 anni , che fa emergere un quadro interessante sul comportamento d’acquisto degli italiani.

Il 25% degli intervistati compra solo dopo aver letto le recensioni

Prima di prendere decisioni sull’acquisto di prodotti o servizi come hotel, ristoranti o servizi medici, il 59% del campione si basa sulle recensioni online. In particolare, il 25% lo fa sempre e il 34% a volte. Per il 73% di coloro che leggono le recensioni, queste hanno un impatto significativo (da abbastanza a molto) sulla loro scelta di acquisto. Il 93% ammette di selezionare solo prodotti o servizi con una percentuale alta di recensioni positive.

I consigli degli influencer “influenzano” solo i più giovani

Dall’analisi emerge che la fiducia nei confronti degli influencer, almeno nel periodo in cui è stata condotta la ricerca, differisce notevolmente da quella riposta nelle recensioni. Solo il 23% del campione dichiara di fidarsi molto o abbastanza degli influencer, mentre il 36% non si fida affatto e il 38% si fida poco. Tuttavia, la situazione migliora nella fascia di età tra i 18 e i 34 anni, con il 44% del campione che mostra una fiducia significativa nei confronti degli influenzerà.

Quanto all’influenza effettiva dei consigli degli influencer sulle decisioni d’acquisto, il 44% del campione sostiene che non hanno alcun impatto, mentre il 35% dice di esserne influenzato in modo limitato . Ancora una volta, le cose cambiano nella fascia di età tra i 18 e i 34 anni, con il 44% dei giovani che ammette di essere influenzato – da abbastanza a molto – dai consigli degli influencer.

E’ necessaria un’assoluta trasparenza

Per il presidente Udicon, Martina Donini, “le recensioni sono fonte di informazione nella vita quotidiana dei consumatori italiani. Viviamo nell’era della reputation economy dove le recensioni online sono diventate uno specchio delle esperienze dei consumatori. La gestione oculata di queste recensioni diventa cruciale per garantire un ambiente online affidabile e trasparente per gli acquirenti. Non possiamo permettere che alcuni giudizi recensiti siano influenzati da pratiche fraudolente o condizionate da bot. È nostro dovere assicurare e garantire che i consumatori abbiano accesso a informazioni oneste e non manipolate per prendere decisioni consapevoli nel processo di acquisto”, sottolinea con Adnkronos/Labitalia.

Secondo Donini, “il rischio di commenti non verificati o falsi è sempre più alto e in questo contesto è necessario creare un sistema integrato tra le piattaforme per verificarne l’autenticità, proseguendo e rafforzando quella linea tracciata dalla recente Direttiva Omnnibus”.

Quali sono i professionisti introvabili? Esperti in cybersecurity, colf e anestesisti

La classifica delle cosiddette posizioni ‘hard to fill’, ovvero quelle che rimangono scoperte per 2 mesi o più, comprende esperti in sicurezza IT, ma anche colf conviventi e anestesisti, hair stylist e radiologi. 

Sono queste le posizioni di più difficile reperimento secondo Indeed, la piattaforma per chi cerca e offre lavoro, che ha esaminato gli annunci di lavoro postati sul proprio portale dal 1° gennaio alla fine di novembre 2023
Per quanto riguarda il mondo Itc più del 75% degli annunci di ricerca per posizioni di Security engineer è rimasto aperto per oltre 60 giorni. E la situazione è simile anche per le ricerche di Cybersecurity engineer (72%).

Mancano all’appello anche digital sales account, firmware engineer, sviluppatori java

Le altre posizioni legate al mondo Ict che figurano in classifica vanno dal ‘digital sales account’, in quarta posizione, al ‘firmware engineer’, settimo classificato. E poi ancora, ‘sviluppatore java’ (11°), ‘ingegnere elettronico’ (12°) e ‘sviluppatore front end’ (13°), con, rispettivamente il 59%, 58% e 55% di annunci che rimangono aperti per oltre 60 giorni.

L’evoluzione tecnologica ha portato a un aumento esponenziale dei dati digitali e delle informazioni sensibili condivise online. Questo ha reso le organizzazioni più vulnerabili a cyber attacchi, hacking e furti di dati. Per proteggersi, le aziende hanno bisogno di professionisti altamente qualificati in grado di garantire la sicurezza delle loro reti e sistemi.

Dall’Ict alla sanità la domanda spesso supera l’offerta

Con quasi il 68% degli annunci di lavoro che rimane scoperto per oltre 60 giorni, al quinto posto della classifica si posizionano colf conviventi, difficili da trovare quasi quanto gli hair stylist, che occupano il sesto posto (67%).
La carenza di medici su tutto il territorio nazionale poi non è una sorpresa, situazione che si riflette anche nell’analisi di Indeed. Tanto che anestesista (8°), radiologo (9°) e neurologo (10°) presentano una percentuale significativa di offerte di lavoro ancora aperte dopo 60 giorni, rispettivamente, 62%, 60%, 59%.

“Dall’Ict alla sanità, le competenze richieste sono sempre più specializzate e la domanda di professionisti qualificati supera spesso l’offerta – aggiunge Colarossi -. Questo sottolinea l’importanza da parte di aziende e istituzioni di investire nella formazione continua e nello sviluppo delle competenze per favorire l’incontro tra domanda e offerta”.

La carenza di candidati qualificati non è in grado di colmare il divario

I dati di Indeed indicano chiaramente una forte domanda di professionisti IT nel mercato del lavoro italiano, riferisce Adnkronos, ma che la carenza di candidati qualificati non è in grado di colmare questo divario, rendendo queste posizioni difficili da coprire, 

“In un mondo sempre più digitalizzato, i ruoli legati alla sicurezza IT sono tra i più richiesti sul mercato – afferma Roberto Colarossi, senior sales director per Indeed in Italia -. Un settore che offre numerose opportunità per i professionisti attuali e futuri di costruire carriere gratificanti e durature”.

Esternalizzazione: per le aziende il fattore chiave del 2024

Esternalizzare i processi nel 2024 diventerà un fattore sempre più rilevante per le aziende. Secondo We Are Fiber, azienda specializzata in outsourcing, il motivo principale per l’adozione di questo tipo di approccio è la riduzione dei costi. 
Ma esternalizzare offre anche la possibilità di ottimizzare i processi interni, migliorare la qualità di prodotti e servizi e rafforzare la posizione sul mercato.

Inoltre, comporta un impatto importante sulle risorse umane e la loro gestione. Se alcune attività vengono delegate a fornitori esterni le imprese hanno più tempo e risorse per lo sviluppo e il perfezionamento delle competenze. 
L’outsourcing dei processi costituisce quindi una componente vitale della strategia aziendale, ma deve basarsi su partnership solide, sulla gestione efficace del cambiamento e sull’apertura alle nuove opportunità del mercato globale. 

La sostenibilità dell’outsourcing

Lo sviluppo sostenibile è diventato uno dei punti chiave anche dell’outsourcing contemporaneo. Le aziende devono però adattarsi con grande rapidità alle fluttuazioni del mercato. E adottando i criteri della flessibilità e scalabilità, possono diminuire o aumentare le risorse a seconda delle esigenze.

Ma come regolarsi con la sicurezza dei dati?
Le norme stringenti sulla privacy obbligano le aziende a verificare che i partner esterni aderiscano a standard elevati in merito a etica del lavoro e responsabilità sociale. Sono aspetti da non trascurare, perché corrispondono anche a una buona conservazione e protezione dei dati, nel rispetto delle normative in vigore.

Il ruolo delle nuove tecnologie

Nel 2024 l’integrazione tecnologica e l’automazione svolgono un ruolo principale nell’esternalizzazione.
Da parte delle aziende la tendenza è quella di affidarsi a partner esterni per implementare soluzioni tecnologiche avanzate, fra le quali, il machine learning e l’automazione dei processi robotici.

Sono tecnologie essenziali, perché possono aumentare l’efficienza e ridurre i costi, e influiscono in maniera determinante anche nel migliorare la velocità dei processi aziendali.

Il futuro dell’esternalizzazione

Se si guarda al futuro, le prospettive appaiono sempre più ampie, in quanto l’esternalizzazione continuerà a evolversi e a espandersi anche in altri campi. Specialmente con l’avanzamento delle tecnologie, e con le nuove opportunità di mercato, da parte delle aziende emerge la necessità di rimanere flessibili e aperte a forme di collaborazione esterna.

L’adozione di pratiche sostenibili e responsabili, l’impegno per l’innovazione e la qualità del servizio, sono tutti elementi fondamentali per il successo a lungo termine nell’ambito dell’esternalizzazione. 

Famiglie, risparmio e inflazione: serve più istruzione finanziaria

Dall’Indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani, condotta da BVA Doxa per Intesa Sanpaolo e il Centro Einaudi nel corso del 2023, emerge come negli ultimi due anni risparmiatori e investitori si siano mossi sul mercato finanziario senza panico, ma con tanta prudenza da sembrare paralizzati.

A fronte del ritorno dell’inflazione, le famiglie italiane hanno avuto il buon senso di non vendere tutto e continuare a risparmiare. Ma per poter affrontare con consapevolezza il nuovo contesto emerge tuttavia l’esigenza di maggiore competenza e alfabetizzazione finanziaria, sia per i giovani sia per gli adulti.
Da sempre favorevoli al ‘mattone’, propense a non rischiare e rispettose della Borsa, le famiglie sanno di dover risparmiare di più, ma sottovalutano la differenza tra investimenti prudenti e investimenti efficienti.

Cresce la percentuale media di reddito risparmiata

Di fatto, il 95% delle famiglie dichiara di essere finanziariamente indipendente, in aumento rispetto al 93% del 2022, a conferma che, malgrado le difficoltà dello scenario, l’autonomia reddituale resiste.
La quota delle famiglie che riescono a risparmiare si porta sui valori massimi del pre-pandemia (54,7% vs 53,5% 2022). Sale anche la percentuale media di reddito risparmiata (12,6%, dall’11,5% del 2022).

Tra le motivazioni del risparmio, spiccano la casa (30%) e i figli (16%). Solo il 5% degli intervistati dichiara di aver accantonato risorse per far fronte all’aumento dei prezzi. Per un terzo del campione, il risparmio è genericamente precauzionale, cioè senza un’intenzione precisa.

Investimenti: salgono le obbligazioni

Tra gli investimenti finanziari salgono le obbligazioni, che raggiungono il 28% dei portafogli di chi le detiene e assorbono in parte la flessione del risparmio gestito.

La Borsa resta un ‘terreno da dissodare’: vi ha operato negli ultimi 12 mesi solo il 4,2% del campione. Nell’ambito degli investimenti alternativi, dominano l’oro (interessa il 23% degli intervistati) e i fondi etici ESG (13%).
Malgrado una crescente sensibilità ai rischi, l’86% degli intervistati dichiara di non aver sottoscritto un’assicurazione per coprire le spese mediche, e il 68% non ha un’assicurazione vita.

Solo il 38% sa definire correttamente l’inflazione

Nel futuro dei risparmiatori c’è un ritorno a un mondo sparito da oltre un decennio, ma del tutto normale, nel quale stentano oggi a prendere le decisioni: non scongelano l’iceberg di liquidità, tornano verso l’investimento obbligazionario, ma più per toccare il meno possibile i portafogli che per intraprendere un nuovo viaggio.

Solo il 38% è in grado di dare una definizione corretta dell’inflazione. Oltre un quarto la confonde con il livello dei prezzi, qualcuno con il deprezzamento della valuta, altri con lo scostamento dal target della Banca Centrale Europea.
A conferma di questa difficoltà di orientamento, oltre un terzo circa degli intervistati indica la detenzione di liquidità e obbligazioni a tasso fisso tra i comportamenti più idonei da tenere nel caso di inflazione. Il 30% cita invece il ‘mattone’, poco più del 10% l’oro e i ‘beni rifugio’.

Dispositivi connessi, chi sale e chi scende nelle preferenze dei consumatori?

I dispositivi connessi hanno guadagnato un ruolo centrale nelle vite dei consumatori, come evidenziato dal recente rapporto del Capgemini Research Institute intitolato “Connected products: Enhancing consumers’ lives with technology”. La ricerca rivela che oltre un terzo degli intervistati prevede di aumentare gli acquisti di dispositivi connessi nel prossimo anno, con particolare attenzione a quelli dedicati al monitoraggio della salute e alla sicurezza domestica.

Tuttavia, insieme a un crescente interesse, emergono precise aspettative: i consumatori richiedono una maggiore responsabilità da parte dei venditori, soprattutto in termini di sostenibilità e protezione dei dati.

Ormai sono una necessità 

Oggi il 67% dei consumatori ritiene i prodotti connessi una necessità, mentre il 41% li considera strumenti utili per risparmiare tempo e semplificare le attività quotidiane. Le preferenze dei consumatori si riflettono però in diverse categorie di dispositivi: Intrattenimento e Veicoli Connessi; Sicurezza Domestica e Assistenza Sanitaria; Assistenti Vocali e Wearable.

Per quanto riguarda il primo punto, quattro consumatori su cinque posseggono dispositivi di intrattenimento connessi, quali Smart TV e console di gioco, rendendoli i più diffusi a livello globale. La popolarità dei veicoli connessi è in costante aumento, con il 60% dei consumatori che ne possiede uno, ma con significative differenze tra paesi. La sicurezza domestica smart e l’assistenza sanitaria intelligente sono indicate come le categorie principali per gli acquisti futuri, evidenziando l’importanza crescente di tecnologie integrate nella vita quotidiana per garantire sicurezza e benessere.
Infine, è in aumento anche l’uso degli assistenti vocali, con l’85% dei consumatori globali che li utilizza per navigare in rete o cercare prodotti e servizi. Inoltre, il 71% degli intervistati cerca alternative ai telefoni cellulari, esprimendo un interesse crescente verso i wearable come smart watch e dispositivi per il monitoraggio della salute.

Le prossime sfide: interoperabilità, privacy e sostenibilità

L’interoperabilità e la facilità d’uso diventano priorità, poiché il 65% dei consumatori preferirebbe un’interfaccia unificata per tutti i dispositivi connessi. La consapevolezza ambientale cresce (68% degli intervistati) con richieste di maggiore sostenibilità da parte delle aziende produttrici e preoccupazioni riguardo allo smaltimento dei rifiuti elettronici. La sicurezza dei dati rimane una preoccupazione, con solo il 36% dei consumatori soddisfatti della privacy offerta dai dispositivi connessi.

Soddisfare le aspettative 

Chiara Diana, Chief Design Officer di frog, sottolinea l’importanza di considerare la sicurezza e la gestione dei dati per capitalizzare appieno il potenziale dei dispositivi connessi. Con una crescente consapevolezza ambientale, le aspettative dei consumatori sulla sostenibilità dei prodotti devono essere parte integrante dell’equazione per conquistare la fiducia in un mercato che ha raggiunto un punto di inflazione.