A fine luglio 2021 l’Istat, l’Istituto nazionale di Statistica, ha scattato una fotografia di quelle che sono le conseguenze economiche della pandemia. E il quadro che ne esce non è certo confortante, sia per quanto riguarda il calo dei consumi sia per quanto concerne l’aumento delle persone che si trovano a fare i conti con una nuova situazione di povertà.  Come ha ricordato lo stesso presidente dell’Istituto, Gian Carlo Blangiardo, nel 2020 si contano oltre 2 milioni di famiglie in povertà, con un’incidenza passata dal 6,4 del 2019 al 7,7%, e oltre 5,6 milioni di individui, in crescita dal 7,7 al 9,4%. Blangiardo ha anche sottolineato che “nel 2020, è aumentata la povertà fra coloro che posseggono un lavoro: a livello nazionale, rispetto al 2019, cresce l’incidenza per le famiglie con persona di riferimento occupata (dal 5,5 al 7,3%), sia dipendente che indipendente; per le famiglie con persona di riferimento inquadrata nei livelli più bassi, operai o assimilati, l’incidenza sale dal 10,2 al 13,2%; fra gli indipendenti di altra tipologia, ossia lavoratori in proprio, dal 5,2 al 7,6%”. “Sull’incidenza della povertà hanno anche inciso le misure messe in campo a sostegno dei cittadini, che hanno consentito alle famiglie in difficoltà economica – sia quelle scivolate sotto la soglia di povertà nel 2020 sia quelle che erano già povere – di mantenere una spesa per consumi non molto distante dalla soglia di povertà”.

Nel Nord la crescita più marcata di famiglie in difficoltà

Imprevidente dell’Istat ha poi aggiunto: “Se nel Mezzogiorno l’incidenza di famiglie in povertà assoluta si conferma più alta (9,9% nel Sud e 8,4% nelle Isole), è nel Nord che si osserva la crescita più marcata, sia per le famiglie (dal 5,8 del 2019 al 7,6%) sia per gli individui (dal 6,8 al 9,3%); nel Nord-ovest e nel Nord-est l’incidenza familiare di povertà assoluta passa, rispettivamente, dal 5,8 al 7,9% e dal 6,0 al 7,1%”. Questo fenomeno è stato provocato da “il blocco improvviso di interi segmenti dell’economia, con gli effetti sulla produzione di valore aggiunto e sull’occupazione, che ha determinato nella primavera del 2020 una forte caduta del reddito disponibile, nonostante le misure pubbliche di sostegno introdotte dal governo”.

Consumi in caduta 

“I consumi finali delle famiglie hanno così subito un crollo di dimensioni mai registrate dal dopoguerra, con una diminuzione del 10,9% che ne ha portato il valore a un livello di poco superiore a quello del 2009 – e a quello del 1997 se considerato al netto dell’effetto della variazione dei prezzi. Dall’indagine sulle Spese per consumi, la stima della spesa media mensile familiare per il 2020 è di 2.328 euro mensili in valori correnti, in calo del 9,0% rispetto al 2019″.