Trovare lavoro più in fretta con i consigli dell’head hunter

Trovare lavoro può sembrare spesso una “mission impossibile”, ma con i giusti strumenti e soprattutto con le indicazioni corrette può rivelarsi un’avventura positiva. Per riuscire a conquistare la candidatura ideale, però, è necessario affilare le armi a propria disposizione, come spiega Carola Adami fondatrice di Adami & Associati, società internazionale di head hunting. Se si fa fatica a trovare il posto di lavoro perfetto, e soprattutto se si ha la sensazione che il tempo passi senza successo, è importante non abbattersi. Le principali ragioni per cui non si ottengono le risposte desiderate si possono raggruppare in due macrofattori, come evidenzia l’esperta: “Da una parte ci sono tutti i fattori che dipendono dall’esterno, sui quali non è possibile intervenire; pensiamo per esempio ai momenti di recessione, oppure alle stagionalità dei diversi settori. Dall’altra parte ci sono invece i fattori endogeni, legati al candidato stesso, relativi alla sua esperienza professionale, alla sua personalità, e al suo modo di presentarsi; su questi è ovviamente possibile intervenire”. E’ chiaro quindi che il raggio d’azione dell’aspirante candidato si deve concentrare sulla propria persona e la propria presentazione.  

Lavorare su se stessi 

Quali sono dunque le mosse da mettere in pratica per aumentare le proprie chance di trovare l’occupazione dei sogni? L’esperta fornisce a tutti gli aspiranti candidati una serie di consigli pratici. Prima di rispondere a un annuncio di lavoro, assicurarsi sempre che quella possa essere la posizione giusta per le proprie competenze e i propri obiettivi: è sempre meglio effettuare poche candidature ben curate che perdere tempo a mandare 10 candidature al giorno. Aggiornare e migliorare il proprio curriculum vitae, ottimizzandolo in vista del ruolo per il quale si intende effettuare la prossima candidatura. Così facendo si avranno maggiori possibilità di passare la prima scrematura dei cv. Accompagnare sempre il cv con una lettera di presentazione scritta appositamente per quella candidatura, mostrando in queste poche righe qual è il valore aggiunto che si può apportare all’azienda. Quando possibile, allegare alla candidatura anche una lettera di referenze.

Il ruolo dell’immagine online

Anche la propria immagine online riveste un ruolo importante: meglio eliminare da Facebook eventuali contenuti che potrebbero allontanare un selezionatore, e completare invece il proprio profilo su LinkedIn. Sono infatti sempre di più i recruiter che, per avere maggiori informazioni su un candidato, effettuano delle ricerche online più o meno approfondite prima di decidere se convocarlo o meno a un colloquio di lavoro. Infine, è utile allenarsi in vista del colloquio, lavorando sulla propria presentazione, sulle risposte alle domande più frequenti e sull’esposizione dei propri punti di forza.Infine, è molto importante anche studiare l’azienda alla quale ci si propone: sapere qualcosa in più sul potenziale datore di lavoro permetterà di affrontare il processo di selezione in modo più efficace.

Pronti per il Black Friday? Le dritte per fare ottimi affari

Il Black Friday, che come da tradizione si terrà l’ultimo venerdi di novembre – quest’anno cade il 25 – è ormai alle porte e gli shopping addicted italiani stanno aspettando con ansia quella data, in cui è possibile fare ottimi affari e accaparrarsi occasioni d’oro di ogni tipo, in particolare in ambito tecnologico. Alla giornata più “scontata” dell’anno partecipano negozi fisici, in particolare quelli delle grandi catene come Media World, tutti i big dell’ecommerce sul web e naturalmente i marchi presenti sia con i propri store sia con i loro portali che effettuano vendita on line. Insomma, il carrello è pronto per essere riempito: ma come fare per non lasciarsi sfuggire gli oggetti del desiderio? Gli esperti del settore hanno stilato una sorta di “prontuario” da seguire, in modo da arrivare preparati al Black Friday. Ecco le principali indicazioni.

Nelle settimane e nei giorni precedenti, tenersi aggiornati

Non perdere nessuna opportunità irripetibile richiede un po’ di abilità e pianificazione. Secondo gli addetti ai lavori, il primo consiglio utile è quello di iscriversi alla newsletter dei negozi e dei marchi che interessano maggiormente: si tratta di un’ottima opportunità per tenere monitorate tutte le promozioni. Tra l’altro, qui si possono scoprire in anteprima gli sconti che saranno disponibili durante il Black Friday. L’iscrizione è di norma semplicissima e veloce, basta collegarsi al sito del brand o della catena prescelta e seguire la procedura: di norma, è sufficiente inserire solo un indirizzo mail.

Il tempo è tutto: come giocare d’anticipo

Alcune delle migliori offerte del Black Friday si trovano solitamente online, dove le scorte di magazzino sono maggiori ed è perciò più difficile  che si esauriscano rapidamente. Per questo, è consigliabile registrarsi con un certo anticipo agli shop online, in modo da non doverlo fare quando si è in fase di acquisto. È infatti fondamentale evitare qualsiasi procedura che potrebbe far perdere tempo prezioso quando si deve fare in fretta per aggiudicarsi un’ottima occasione. È utile anche stilare una lista di tutto ciò che si desidera acquistare durante il Black Friday: questa contrasta la voglia di comprare compulsivamente e consente invece di mettere a fuoco le priorità. Ancora, bisognerebbe essere pronti con un piano B, ovvero una lista alternativa nel caso in cui i prodotti prescelti non fossero più disponibili. Il tempo è un fattore importante pure per quanto riguarda l’orario dello shopping: anche se il Black Friday non dura più solo una giornata, è altrettanto vero che gli affari migliori si fanno appena scocca l’ora degli sconti.

Salute mentale, per gli italiani “vale” come quella fisica

Per la prima volta, il tema della salute mentale diventa la seconda preoccupazione relativa alla salute, addirittura prima del cancro e subito dopo il Covid-19. Lo rileva l’indagine annuale di Ipsos, condotta in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale 2022, che ha esplorato le opinioni dei cittadini riguardo questa problematica così attuale. Gli argomenti trattati comprendono il rapporto con il benessere mentale e fisico, il modo in cui si parla dei problemi di salute mentale e le percezioni in merito all’importanza attribuita dal sistema sanitario del proprio Paese. Le percentuali espresse dagli intervistati – di 34 paesi – sono molto chiare: il 36% ritiene che il problema di salute più serio e attuale è quello della salute mentale, in aumento di 5 punti rispetto al 2021 (31%), superando per la prima volta il cancro (34%) e diventando il secondo problema di salute percepito a livello internazionale, subito dopo il Covid-19 (47%).

Italiani sensibili alla tematica

Il 55% degli italiani dichiara di pensare spesso al proprio benessere mentale, in aumento di 4 punti rispetto al 2021 e leggermente sotto la media internazionale pari al 58%. Guardando, invece, al benessere fisico si registrano percentuali più alte: il 77% degli italiani afferma di pensarci spesso, in aumento di 5 punti rispetto allo scorso anno e sopra la media internazionale pari al 70%. In generale, i dati mostrano come si tenda a pensare al proprio benessere fisico più frequentemente rispetto al benessere mentale, tuttavia, si registrano alcune differenze di genere e generazionali: le donne tendono a pensare alla propria salute mentale più degli uomini (62% delle donne vs. 53% degli uomini); allo stesso modo, pensare al proprio benessere mentale è presente maggiormente tra gli under 35 (65%) rispetto agli over50 (48%).

La valutazione sul sistema sanitario nazionale

L’opinione pubblica italiana sostiene che il benessere mentale e fisico siano ugualmente importanti, ma il sistema sanitario riflette questa visione e fornisce un egual trattamento? Secondo gli italiani, no: il 40% ritiene che salute mentale e fisica siano trattate allo stesso modo. Il 9% ritiene che alla salute mentale sia data priorità, mentre il 41% sostiene che il sistema sanitario si concentri maggiormente sulla salute fisica. Le medesime percezioni si estendono anche al resto dei Paesi esaminati nel sondaggio d’opinione Ipsos, infatti, a livello internazionale un terzo (33%) ritiene che salute mentale fisica siano tratte allo stesso modo. Questi dati indicano una discrepanza quando si tratta di come il pubblico percepisce la propria salute e di come viene trattata dal sistema sanitario del proprio Paese: a livello internazionale, soltanto il 7% degli intervistati afferma che la propria salute fisica sia più importante di quella mentale, ma il 41% pensa che sia trattata con maggiore importanza.

Bullismo, quanti sono gli studenti italiani coinvolti nel fenomeno?

Tanti, sicuramente troppi: sono i ragazzi dagli 11 ai 19 anni che hanno provato sulla propria pelle, e sulla propria psiche, gli effetti durissimi del bullismo. Un fenomeno che non si è esaurito dopo i due anni di pandemia, anzi: a scattare la fotografia di questa autentica minaccia per i giovanissimi è l’Osservatorio “Bullismo e Cyberbullismo”, condotto da Skuola.net in collaborazione con Citroën Italia, intervistando 3.000 ragazze e ragazzi tra gli 11 e i 19 anni nell’ambito del progetto “RispettAMI”. 

Oltre il 20% dei ragazzi ne è stato vittima

Obiettivo della ricerca è proprio quello di tracciare un bilancio del fenomeno al termine del primo anno di ritorno sistematico alla presenza in classe, essendo proprio la scuola l’ambiente dove è più frequente che abbiano origine il bullismo e il cyberbullismo. Purtroppo, anche solo considerando un periodo relativamente breve come l’ultimo trimestre di lezioni, il 13% degli adolescenti intervistati ha “denunciato” di essere stato vittima di episodi occasionali, mentre per il 7% si è trattato di vessazioni sistematiche. L’analisi identifica anche le tre macro-aree in cui si concentrano i comportamenti peggiori e più frequenti: l’aspetto, l’identità sessuale, l’etnia o l’origine. Il cosiddetto “body shaming” – che punta a sottolineare, a scopo denigratorio, i difetti fisici o, peggio ancora, eventuali disabilità – è in assoluto la più sfruttata dai bulli. Al secondo posto di questa poco onorevole classifica troviamo, poi, l’orientamento sessuale. In terza posizione, i pregiudizi di natura razzista. 

I più piccoli i più vessati, anche sul web

Non solo. Il bullismo, per alcune “categorie” di Zedders, diventa ancora più pressante e presente nella quotidianità. Dal punto di vista anagrafico, a finire nel mirino dei bulli sono in particolare preadolescenti e giovani adolescenti: nella fascia d’età 11-16 anni, mediamente il 22% del campione ne è stato vittima negli ultimi mesi; dopodiché, man mano che si cresce, per fortuna i numeri iniziano a scendere. Ma, a volte, è il “genere” che può fare grande differenza, nel bene e nel male. Le femmine, ad esempio, sono molto più esposte al “body shaming” rispetto ai maschi: circa 1 ragazza su 3 è stata recentemente colpita da questo tipo di attacchi, mentre tra i ragazzi la frequenza scende a 1 su 6. Tra le nuove frontiere del bullismo, c’è quella in ambito digitale. Una delle nuove forme di vessazione è il cosiddetto “orbiting”, ovvero la pratica che vede una sorta di controllo esterno sui propri canali social da parte di un ex partner – senza alcuna comunicazione diretta ma limitandosi a commentare o lasciare reactions – dopo la conclusione della relazione sentimentale: pur essendo un comportamento codificato solo di recente, ne è già stata vittima il 35% dei giovani coinvolti nella ricerca. Provocando conseguenze da tenere sotto osservazione, in particolare turbamento (in quasi 3 casi su 10), rabbia (per 1 su 4) e tristezza (per 1 su 5). 

Rivoluzione bio: il mercato italiano è in trasformazione

Nel 2022 le vendite alimentari bio nel mercato interno italiano hanno raggiunto 5 miliardi di euro, e rappresentano il 3,5%delle vendite al dettaglio biologiche mondiali. Inoltre, nel 2022 l’89% delle famiglie italiane ha acquistato bio almeno una volta. Una quota stabile rispetto al precedente monitoraggio realizzato nel 2021 dall’Osservatorio SANA di BolognaFiere, curato da Nomisma. Negli ultimi 6 mesi, poi, più di sei italiani su 10 hanno consumato prodotti biologici fuori casa, in bar, ristoranti, pizzerie.  Le dimensioni del mercato interno segnalano però la presenza di alcune trasformazioni, effetto sia della progressiva uscita dalla crisi pandemica sia della ritrovata socialità degli italiani.

I consumi fuori casa trainano la crescita

A trainare la crescita sono i consumi fuori casa, che hanno superato il miliardo di euro (+53% a valore), grazie alla dinamica della componente legata alla ristorazione collettiva (+20%) e della ristorazione commerciale (+79%). I consumi domestici, dopo il trend positivo degli ultimi anni, accusano invece una flessione (-0,8%), che risente della battuta d’arresto registrata dalla rete dei negozi specializzati (-8% rispetto allo stesso periodo del 2021). Di contro, la Distribuzione Moderna conferma le dimensioni del 2021 (+0,8% a valore) mentre crescono del 5% gli altri canali (vendita diretta realizzata in mercatini e aziende, gruppi d’acquisto solidale, farmacie, parafarmacie ed erboristerie).

Export bio: nel 2022 raggiunti 3,4 miliardi di euro 

Molto positiva la performance dell’export bio, che nel 2022 ha raggiunto 3,4 miliardi di euro, con una crescita rispetto all’anno precedente del +16%.
Sul fronte dell’offerta, l’Italia si conferma dunque Paese leader nel settore biologico per quota di superficie agricola, operatori ed export. Al tempo stesso, si registrano trasformazioni che riguardano i consumi interni: l’incidenza dei consumi bio sul totale dei consumi alimentari è ancora bassa rispetto ai principali paesi europei.

“Occorre far ripartire i consumi domestici”

“Per la prima volta si registra una leggera decrescita dei consumi domestici, in controtendenza rispetto a quelli della ristorazione, commerciale e collettiva, e all’export – commenta Maria Grazia Mammuccini, Presidente FederBio -. É evidente a tutti che il quadro dei consumi negli ultimi due anni è stato stravolto dalle emergenze che si sono susseguite – continua Mammuccini -. È fondamentale infatti far crescere sia la produzione sia i consumi utilizzando al meglio gli investimenti stanziati per il comparto, quasi 3 miliardi di euro per i prossimi 5 anni, sostenendo gli agricoltori nella transizione agroecologica per tutelare l’ambiente, contrastare i cambiamenti climatici e favorire un’occupazione agricola, in particolare di donne e giovani, sempre più interessati al metodo biologico”.

Tra il 2012 e il 2021 un quinto di imprese giovanili in meno 

Un allarme che arriva da Unioncamere: in 10 anni l’Italia ha perso un quinto delle imprese guidate da giovani. Le 137mila imprese di under 35 registrate in meno a fine 2021 sono infatti il -20% del 2012, e oggi rappresentano l’8,9% del tessuto produttivo nazionale. A fine 2012 erano, invece, l’11,1%. Questa riduzione risulta più consistente in alcune regioni, come Marche, Abruzzo e Toscana, dove la quota di imprese giovanili in meno si aggira intorno al 30%, ma si estende con variazioni a due cifre in tutto il Paese, a eccezione del Trentino Alto Adige, dove le giovani imprese sono cresciute del 6,5%. Si tratta di un’evidenza discussa al convegno Il futuro del lavoro, organizzato nell’ambito del Meeting di Rimini, dal segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli.

Nel 2019 90mila giovani hanno lasciato l’Italia

Come mostrano le previsioni Istat, secondo Tripoli in 30 anni, tra 2020 e il 2050, gli italiani saranno 5,5 milioni in meno. Inoltre, un numero elevato di nostri connazionali ha lasciato e lascia l’Italia per l’estero: nel 2019, 170mila italiani sono andati all’estero, e più della metà, 90mila, erano giovani. Questo comporta che sempre meno giovani si affaccino sul mercato del lavoro. Come mostrano le elaborazioni di Unioncamere-InfoCamere, rispetto a 10 anni fa avviare una azienda in alcuni settori tradizionali è vista come una opportunità per costruire un progetto lavorativo e di vita per un numero inferiore di giovani. Ad esempio, le imprese manifatturiere giovanili sono diminuite del 33%, anche per effetto delle difficoltà amministrative connesse all’avvio dell’impresa.

Gli under 35 puntano alle start up

C’è però da segnalare un dato interessante, ha ricordato il segretario generale di Unioncamere: la consistente partecipazione giovanile al mondo delle start up innovative. Su quasi 14mila start up innovative, il 15,7% è stato creato da giovani, con una incidenza che è di quasi 7 punti percentuali superiore a quella che la componente giovanile ha sul totale delle imprese. Gli under 35, in generale, sembrano aver puntato in questi anni su alcuni settori della conoscenza tra cui i servizi alle imprese, gli studi di design, il mondo della pubblicità, le attività di ricerca e sviluppo e l’Istruzione.

La riduzione dell’imprenditoria giovanile non tarderà a produrre i suoi effetti 

Questi dati devono far suonare un campanello d’allarme, ha sottolineato il segretario generale. “L’Italia ha costruito la sua forza economica anche sul numero delle imprese, in particolare di piccole dimensioni – commenta Tripoli. -. La riduzione della base imprenditoriale giovanile non tarderà a produrre i suoi effetti anche sui valori economici complessivi del Paese, se non contrastata con efficaci politiche già dagli anni della formazione scolastica”.  

Vacanze estive: nel 2022 per gli italiani sono ecosostenibili

Gli italiani sono sempre più attenti alla sostenibilità: l’86% quest’anno vuole infatti adottare comportamenti rispettosi dell’ambiente anche in vacanza. Più in dettaglio, il 46% preferisce alloggiare in strutture con certificazione di sostenibilità ambientale, il 77% fa attenzione a non disperdere rifiuti nella natura, il 43% raccoglie e smaltisce correttamente i rifiuti che trova dispersi nell’ambiente, e il 41% evita prodotti usa e getta preferendo, ad esempio, la borraccia alle bottigliette di acqua. È quanto risulta dal nuovo rapporto Pulsee Luce e Gas Index, l’osservatorio sulle abitudini degli italiani realizzato da Pulsee, brand digitale e green di luce e gas di Axpo Italia, in collaborazione con la società di ricerche di mercato NielsenIQ. 

Alcuni comportamenti sono migliorabili

L’indagine evidenzia però che alcuni comportamenti sono migliorabili. Ad esempio, solo il 28% non si fa cambiare gli asciugamani tutti i giorni in hotel, e risulta contenuta anche l’attenzione verso prodotti cosmetici ecofriendly, come le creme solari che non inquinano i mari e non danneggiano i coralli (18%). Inoltre, un italiano su due (51%) non raccoglie sabbia, rocce o vegetali locali per portarli a casa come souvenir, un’abitudine ancora radicata. E il 14% degli intervistati ammette di tenere comportamenti meno ecosostenibili in vacanza rispetto alla quotidianità della vita lavorativa.

Mezzi di trasporto e scelta delle mete

Il 73% degli italiani va in vacanza in auto, seguita da aereo (23%) e treno (14%), e solo il 2,8% si affida a servizi di mobilità in condivisione, come car sharing o pooling. Ma una volta arrivati a destinazione la situazione cambia radicalmente: oltre il 75% dichiara infatti di muoversi a piedi (57%) o in bici (18,5%). In generale, il 50% degli intervistati afferma che in vacanza fa più attenzione a scegliere alternative sostenibili rispetto a cinque anni fa. Questa sensibilità si declina nel criterio di scelta delle mete, con più dell’88% del campione che ha deciso di trascorrere le vacanze entro i confini nazionali. Il 23,1% addirittura nella regione di residenza.

La difesa dell’ambiente dovrebbe essere uno dei valori più importanti

La paura per il cambiamento climatico è molto alta per il 93% degli italiani, riporta Adnkronos. Tra i fattori di rischio figurano la contaminazione dell’acqua (90%), la perdita della biodiversità (96%), gli eventi meteorologici estremi e i disastri naturali (91%), l’inaridimento dei suoli (90%) e le microplastiche (92%). In aggiunta, secondo il 90% degli intervistati la difesa dell’ambiente dovrebbe essere uno dei valori più importanti in una società moderna e il Paese dovrebbe investire di più in fonti di energia rinnovabili (91%).

Fatturato dell’industria in crescita, ma pesa l’aumento dei prezzi

La notizia è positiva, anche poi ci sono più in profondità degli aspetti meno rosei. Si tratta degli ultimi dati diffusi dall’Istat riferiti al fatturato dell’industria. Questo infatti a maggio, in base alle stime al netto dei fattori stagionali, aumenta dell’1,4%, in termini congiunturali, registrando una dinamica positiva su entrambi i mercati (+1,5% quello interno e +1,1% quello estero). Nel trimestre marzo-maggio 2022 l’indice complessivo è cresciuto del 7,8% rispetto al trimestre precedente (+8,0% sul mercato interno e +7,3% su quello estero).

Su base tendenziale, il volume del fatturato, corretto per gli effetti di calendario, presenta una crescita del 5,9%, molto più contenuta di quella in valore (+22,9%). Corretto per gli effetti di calendario, il fatturato totale cresce in termini tendenziali del 23,6%, con incrementi del 24,2% sul mercato interno e del 22,4% su quello estero. I giorni lavorativi sono stati 22 contro i 21 di maggio 2021.

L’indice destagionalizzato il più alto dal 2000

“Seppure in leggera attenuazione rispetto al mese precedente, prosegue a maggio la crescita congiunturale del fatturato dell’industria, con l’indice destagionalizzato che tocca il livello più elevato dall’inizio della serie storica (gennaio 2000). L’indicatore di volume, calcolato a prezzi costanti e relativo al solo comparto manifatturiero, mostra invece una leggera flessione rispetto al mese precedente” si legge nel commento. Significa che l’indice destagionalizzato tocca il livello più elevato dall’inizio della serie storica (gennaio 2000). C’è però una ragione sostanziale che incide, l’aumento dei prezzi. Non a caso i dati più eclatanti sono quelli del comparto energia.

Marcati aumenti dei prezzi 

Per quanto riguarda gli indici corretti per gli effetti di calendario riferiti ai raggruppamenti principali di industrie, si registrano marcati incrementi tendenziali per l’energia (+72,7%), i beni intermedi (+32,1%) e i beni di consumo (+17,8%), più contenuti per i beni strumentali (+8,8%).
A maggio, si stima che l’indice destagionalizzato in volume del settore manifatturiero registri un calo in termini congiunturali (-0,3%). Su base tendenziale, il volume del fatturato, corretto per gli effetti di calendario, presenta una crescita del 5,9%, molto più contenuta di quella in valore (+22,9%). “In termini tendenziali, al netto degli effetti di calendario, si registra un incremento marcato del valore del fatturato sia in termini complessivi sia con riferimento ai principali raggruppamenti di industrie, con aumenti particolarmente significativi per il comparto energetico. La crescita in volume, tuttavia, risulta decisamente più contenuta” conclude il comunicato.

Prodotti di IV Gamma: comodi e sani. Ma non tutti sanno cosa sono 

Molto apprezzati dagli italiani, perché comodi, sani, sicuri e sostenibili, i prodotti di IV Gamma sono però ancora vittime di pregiudizi e di alcuni comportamenti sbagliati tra i consumatori. Inoltre, di fronte a una serie di possibili definizioni, solo il 34% degli italiani sceglie quella corretta, ovvero, ‘frutta, verdura, e in generale, ortaggi freschi a elevato contenuto di servizio, confezionati in busta o in vaschette, e pronti per il consumo’.
L’11% risponde invece erroneamente che si tratta di ‘prodotti freschi, confezionati, da rilavare prima del consumo’, il 9% li confonde con i surgelati e il 7% con verdure in conserva.
È quanto emerge da un’indagine Bva-Doxa, commissionata dal Gruppo IV Gamma di Unione Italiana Food.

Sono pratici e fanno risparmiare tempo

I risultati mostrano la grande penetrazione dei prodotti di IV Gamma nelle famiglie italiane: il 38% li acquista tutte le settimane, il 36% 2-3 volte al mese e solo il 7% dichiara di non acquistarli mai.
Ma quali sono i principali motivi per cui gli italiani scelgono la IV Gamma? Il 58% dichiara di acquistarli per comodità e risparmiare tempo, il 34% per la porzionatura, il 30% perché si evitano sprechi di prodotto, e il 26% perché sono prodotti che aiutano a facilitare il consumo di verdure. Infatti, i principali vantaggi riconosciuti dagli italiani sono l’essere pronti all’uso (39%), non devono essere puliti e rilavati (19%), evitano gli sprechi (19%), sono sicuri dal punto di vista igienico e sono controllati (13%), si può verificarne l’etichetta (5%) e la provenienza (5%).

Insalata in busta la più acquistata

Tra i prodotti di IV gamma, la regina incontrastata è l’insalata in busta, acquistata dall’81% del campione, seguita da ciotole di insalata (40%), frutta lavata e tagliata (30%) e zuppe (29%).
Per quanto riguarda la frutta, il 16% dichiara di comprarla tutte le settimane, il 27% 2-3 volte al mese, il 33% 1 volta al mese o meno, mentre il 24% dichiara di non acquistarla mai. Tra le motivazioni di acquisto della frutta di IV gamma, oltre a praticità e comodità (61%), spicca la ‘possibilità di consumare frutta esotica comodamente’ (32%). Il 17% invece la acquista perché rappresenta una merendina pratica per i bambini, e il 10% la utilizza nella preparazione dei dolci.

Comportamenti errati e false credenze

Nonostante l’apprezzamento degli italiani, sussistono ancora comportamenti errati e false credenze: solo il 34% si comporta correttamente, trasportando i prodotti di IV Gamma all’interno di borse frigo.
In relazione alla riduzione degli sprechi, per il 48% la IV Gamma è migliore rispetto agli ortofrutticoli freschi. Analogamente, in relazione all’utilizzo di acqua, il 39% dichiara che garantisce un risparmio idrico rispetto alla preparazione domestica, ma c’è ancora 1 italiano su 4 che sostiene il contrario.
Dal punto di vista igienico, il 29% ritiene che la IV gamma sia migliore rispetto agli ortofrutticoli freschi preparati in casa, ma dal punto di vista nutrizionale quasi 1 italiano su 5 non sa quanto questi prodotti siano nutrienti.

Parità di genere, solo il 28% delle posizioni manageriali è ricoperto da donne

Oggi in Italia, secondo i dati raccolti dall’Osservatorio 4.Manager, le posizioni manageriali femminili sono solo il 28% del totale e la quota si riduce al 19% se si considerano le posizioni regolate da un contratto da dirigente, con un incremento annuo che è solamente dello 0,3% in più negli ultimi 10 anni. L’indagine condotta da 4.Manager su un campione di 6.000 imprese manifatturiere italiane indica che solo il 14% sono a conduzione femminile contro il 79% a conduzione maschile. In particolare le imprese a guida femminile operano per il 21% nel settore tessile e si concentrano per il 19% nel Sud Italia. Ciò significa una propensione alla concentrazione solo in alcuni settori industriali e all’auto impiego da parte soprattutto di donne del Mezzogiorno d’Italia. Le imprese femminili del settore manifatturiero hanno un ridotto grado di innovatività, ma hanno una propensione alla transizione sostenibile molto elevata: solo il 12% di quelle femminili è altamente innovativa contro l’88% di quello maschile, di contro il 66% delle imprese femminili ha una propensione alla transizione sostenibile contro il 34% di quelle maschili.

Gli strumenti del Pnrr e normativi

Per contrastare le molteplici dimensioni della discriminazione verso le donne, nel Pnrr il governo ha annunciato l’adozione di una Strategia nazionale 2021-2026 – in coerenza con la Strategia per la parità di genere 2020-2025 adottata dalla Commissione europea per la parità di genere – che si propone di raggiungere entro il 2026 l’incremento di 5 punti nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere elaborato dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (Eige), che oggi vede l’Italia classificata al quattordicesimo posto tra i Paesi Ue. In quest’ottica rientra la nuova legge per la parità retributiva del 1° gennaio 2022 che ha istituito il Sistema nazionale di certificazione della parità di genere – per il quale il Pnrr ha stanziato 10 milioni di euro – con l’obiettivo di incentivare le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere in tutte le aree che presentano maggiori criticità come le opportunità di carriera, la parità salariale e di mansione, le politiche di gestione delle differenze di genere e la tutela della maternità. Il possesso della certificazione prevede: lo sgravio contributivo dell’1% sui contributi fino a 50mila euro all’anno; un punteggio premiale per la concessione di aiuti di stato e/o finanziamenti pubblici in genere e un miglior posizionamento in graduatoria nei bandi di gara per l’acquisizione di servizi e forniture.

Uno strumento innovativo

E’ uno strumento innovativo che, secondo l’Osservatorio 4.Manager, le aziende già avviate verso una transizione sostenibile cominciano ad apprezzare riconoscendone diversi benefici. Il 31% delle imprese sta adottando strategie significative per favorire la convergenza lavorativa tra uomini e donne, in particolare con interventi virtuosi: il 15,7% per favorire la Genitorialità, il 13,9% per la formazione, il 13% per la parità dei ruoli apicali ed infine l’8,3% a favore della parità salariale. Le grandi e medie imprese che hanno già avviato la transizione verso la sostenibilità e sono a conoscenza del sistema di certificazione della parità di genere sono pari al 69%, mentre le piccole si fermano al 57%. Intervistate dall’osservatorio le imprese riconoscono che i potenziali benefici derivanti dal conseguimento della certificazione della parità di genere consistono in: reputazione aziendale 65%; clima aziendale 59%; riduzione del divario di genere nell’impresa 42%; benefici fiscali 22%; benefici nella partecipazione a gare d’appalto 11% e benefici nell’accesso al credito/capitali 7%.